CARNIA- Cna, incentivare la produzione industriale di pellet

Il pellet (legno sminuzzato, compresso e trafilato a formare cilindri di 8 mm di diametro) può essere prodotto con i residui delle prime e seconde lavorazioni industriali (segherie e mobili), ma anche con quelli forestali (biomasse).
Vista l’incidenza dei costi di trasporto e trasformazione, finora si sono utilizzati gli scarti industriali del legno. Secondo Strazzaboschi, presidente CNA della Carnia, per partire dal legno cippato proveniente dalle utilizzazioni boschive e dalle manutenzioni ambientali, sarà indispensabile realizzare impianti industriali di produzione a breve distanza dai boschi e poter usufruire del calore di processo di altre attività per l’essicazione del legno prima della pellettizzazione. La domanda di pellet, particolarmente conveniente ove non presente la rete metano e soprattutto se i rifornimenti vengono effettuati tramite cisterna, è in crescita esponenziale. Basti pensare che la sola produzione italiana è triplicata negli ultimi quattro anni ed il potenziale d’impiego del pellet nel riscaldamento civile è enorme (in un impianto classico, basta sostituire la caldaia).
Ma se il mercato tira e non parte la manutenzione dei boschi e dell’ambiente, come già sta avvenendo, scatta l’importazione di pellet a calmierare i prezzi. Secondo la CNA, i proprietari pubblici e le imprese forestali devono perciò entrare direttamente nel mercato di produzione, a patto di trasformare sul posto i prodotti legnosi residuali (un impianto per vallata?) e, consorziandosi eventualmente, realizzare impianti di dimensione adeguata (20-30.000 tonnellate / anno). Esistono già le tecnologie che riducono il consumo di energia per unità di prodotto, e soprattutto impianti che producono pellet di qualità partendo dal legno cippato.
Strazzaboschi, ricordando che biomasse e pellet si possono ottenere anche dalla potatura degli alberi, dagli sfalci e più ingenerale dalla manutenzione dell’ambiente, conclude: “i paesi di montagna sono letteralmente soffocati dalla vegetazione e le conseguenze sono anche psicologiche, la sensazione di essere oppressi, di non poter guardare più in là. Oltre a nuova occupazione non delocalizzabile, si otterrebbero il rilancio delle attività agro-forestali ed un sostanziale miglioramento paesaggistico, contribuendo così alla qualità stessa della vita in montagna.