30° SISMA- A Udine l’incontro istituzionale con Zamberletti

Il dovere di piangere i morti e di ricordare,
ma anche il dovere di trarre da quella tragedia la grande lezione
che ha dato, il seme che ha posto per fare dell’Italia un Paese
migliore. Su questa linea si è svolto oggi al Castello di Udine
l’incontro istituzionale con cui si è conclusa la tre giorni di
riflessione promossa dall’Amministrazione regionale sul tema “30
anni dal terremoto del Friuli, 30 anni di Protezione civile: 6
maggio 1976 – 6 maggio 2006”.

Protagonista della giornata è stato l’on. Giuseppe Zamberletti
che, come commissario straordinario nominato dal Governo, seguì
in prima persona l’opera di soccorso e poi l’iniziale fase di
ricostruzione del Friuli terremotato. Zamberletti è stato accolto
dal presidente della Regione Riccardo Illy e dal vicepresidente e
assessore alla Protezione civile Gianfranco Moretton che, con i
loro interventi, hanno concluso i lavori del convegno.

Il sisma del 1976 è stato, ha osservato Zamberletti, una
“terribile prova, da cui tuttavia è nata la moderna Protezione
civile in Italia, con la capacità di operare in modo
interdisciplinare e secondo una logica interforze”. Anche per
l’Esercito l’esperienza del Friuli ha lasciato, secondo l’ex
commissario, un’importante eredità: una cultura del soccorso e
della collaborazione con la popolazione civile, che ha permesso
poi ai nostri uomini di ben operare nelle diverse operazione di
pace in contesti estremamente difficili, dal Kossovo all’Iraq.

Per i sindaci della zona terremotata, la prova del 1976 ha
lasciato in eredità – sempre secondo Zamberletti – la cultura del
“lavorare assieme”, la capacità di coordinare le diverse forze
impegnate nell’opera di soccorso. L’ex commissario ha anche
richiamato l’attenzione sulla “forte volontà di rinascita della
popolazione friulana” e sul modello di ricostruzione, che ha
avuto come obiettivo principale quello di mantenere unite le
comunità, di evitare la diaspora.

Sempre sullo stesso indirizzo, volto a trarre dal terremoto una
lezione per il presente e per il futuro, si sono svolti gli altri
interventi di apertura, quelli del vicecommissario di allora
generale Mario Rossi, del vice capo del dipartimento della
Protezione civile Vincenzo Spaziante, del capo del dipartimento
nazionale dei Vigili del Fuoco Mario Morcone, del comandante
delle truppe alpine Ivan Resce.

A raccontare il terremoto dal punto di vista della classe
dirigente friulana sono stati, nel loro saluto introduttivo il
sindaco di Udine Sergio Cecotti, e Ivano Benvenuti, sindaco di
Gemona del Friuli nel 1976, sindaco di quella che è considerata,
per le distruzioni e le vittime, la capitale del sisma ma anche
della ricostruzione.

Per Cecotti, il terremoto è stato un evento che ha cambiato la
storia, un evento tragico che tuttavia costituisce il “mito
fondante” della moderna identità friulana, di cosa vuol dire
essere friulani oggi, una identità cementata nei giorni della
tragedia e nel grande sforzo di ricostruzione. Anche per
Benevenuti quella del Friuli resta “un’esperienza paradigmatica”,
che ha avviato un enorme campo di studi e di analisi i cui
risultati oggi permettono di affrontare con maggiore
consapevolezza le calamità.