30° SISMA- Anche un messaggio di Ciampi per i friulani

Il trentesimo anniversario del terremoto del Friuli è stato ricordato a Gemona con un evento celebrativo promosso dal Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia. Molte le autorità politiche, religiose, civili e militari che ieri hanno voluto testimoniare con la loro presenza al Teatro sociale che il ricordo è indelebile così come è immutata la pietà per le vittime della grande tragedia del 1976. Ad aprire la serie degli interventi è stato Gabriele Marini, sindaco di Gemona, che dopo aver ringraziato Consiglio e Giunta regionale per aver voluto essere presenti proprio a Gemona, che fu definita la capitale del terremoto, comune simbolo di quel pauroso evento, ma anche della successiva ricostruzione, ha sottolineato come oggi, a distanza di trent’anni, ci troviamo con una realtà profondamente mutata. Il terremoto, ha aggiunto Marini, ha determinato una ricostruzione che è modello per tutti, ma è stato anche un acceleratore per la ripresa di un intero territorio. Le grandi infrastrutture, l’Università di Udine, paesi dotati di strutture moderne sono figli di quel tragico 1976. C’è ancora qualcosa da completare per il definitivo rilancio, c’è anche un ospedale completamente ricostruito ma penalizzato nella sua funzione al servizio del territorio. Per questo abbiamo ancora bisogno del vostro aiuto, ha concluso Marini ringraziando tutti quelli che si prodigarono per far rinascere il Friuli. Ai presidenti del Consiglio Alessandro Tesini e della Regione Riccardo Illy il sindaco ha quindi consegnato una formella in bronzo a ricordo di questo trentennale.La commemorazione è l’istituzionalizzazione del ricordo di un evento che ha inciso profondamente la memoria collettiva. E il terremoto è stato questo – ha affermato il presidente del Consiglio regionale Alessandro Tesini nel suo intervento scandito nel ricordo delle vittime e di quanti sono caduti nell’opera di soccorso, nell’elenco dei tanti protagonisti, a ogni livello e in ogni campo, di una emergenza prima e, poi, di una ricostruzione non facile; nella riflessione su quel modello Friuli citato come esempio ovunque, recentemente anche in riferimento alla catastrofe della Louisiana provocata dall’uragano Katrina; nella rilettura delle assegnazioni finanziare statali per la ricostruzione; nel riconoscere – infine – l’attualità dei punti di forza dell’esperienza della ricostruzione. Ricostruzione che non fu facile, tutt’altro che scontata, ma di impronta originale che ha visto la ricostruzione materiale dell’esistente raccordarsi con lo sviluppo dell’intera regione, grazie all’impegno di tanti soggetti e operatori a tutti i livelli – ha affermato Tesini aprendo la lunga pagina dei riconoscimenti. Questa grande opera ha originato un vero e proprio modello di azione pubblica efficiente e condivisa, una governance multilivello con la quale, quasi anticipando le riforme successive degli anni ’90 e la riforma del titolo V della Costituzione, si è dato risalto al principio della sussidiarietà, ormai acquisito nella Costituzione e nella legislazione. E dall’esperienza Friuli è nato un nuovo approccio alle calamità, che ha portato al varo di due leggi nazionali rilevanti, quella della protezione civile e la legge-quadro sul volontariato. Ma la ricostruzione non è stata solo un fatto tecnico- organizzativo: è stata anche un fatto politico di coesione istituzionale – (Nessuna forza politica allora rappresentata in Consiglio si è sottratta al clima di collaborazione che circondava le scelte, tanto che anche 12 anni dopo ogni divergenza fu lasciata da parte per approvare all’unanimità la legge sul consolidamento antisismico degli edifici) – e di partecipazione popolare senza precedenti sin dai suoi esordi. E anche il famoso “fasin dibessoi” spesso frainteso stava a significare l’impegno ad assumere per intero la responsabilità in prima persona. Ricordando la priorità data alla ricostruzione delle strutture produttive e a quella dei paesi “dov’erano e com’erano”, Tesini ha richiamato altre decisioni importanti che declinano la filosofia della ricostruzione intesa come rinascita e sviluppo: coniugare la ricostruzione allo sviluppo economico e sociale dell’intera regione attraverso scelte strategiche come l’istituzione dell’Università di Udine e dell’Area di Ricerca, l’autostrada Udine-Tarvisio e il raddoppio della ferrovia Pontebbana; privilegiare l’opera di riparazione su quella di ricostruzione; il carattere solidaristico e non risarcitorio degli interventi; la possibilità per il cittadino di scegliere tra intervento pubblico o privato; l’adozione del criterio di flessibilità legislativa; il ricorso a procedure speciali; l’emanazione di direttive tecniche per la sicurezza antisismica; l’elaborazione di prezziari di riferimento nella determinazione della spesa ammissibile a contributo; la costituzione della Segreteria Generale Straordinaria e di appositi organismi centrali e periferici per la gestione dei problemi tecnici connessi agli interventi di riparazione e ricostruzione; la sperimentazione del consolidamento antisismico. Quanto alle assegnazioni finanziarie, quest’anno lo Stato – con l’ultima rata di 7 miliardi di vecchie lire di un limite di impegno ventennale sulla quarta legge di rifinanziamento (la 879 del 1986) cesserà di erogare alla Regione i fondi per la ricostruzione. Dal 1976 a oggi lo Stato ha assegnato alla Regione, sulle cinque leggi di finanziamento, un importo complessivo in numerario di 6.315 miliardi di vecchie lire (altri 2.585 mld sono andati a enti diversi). L’importo delle assegnazioni statali devoluto alla Regione, rivalutato al 2005 ammonta a 20.916 miliardi di lire pari a 10,802 miliardi di euro. E il denaro investito dallo Stato per ogni cittadini danneggiato nel Friuli – da uno studio sul costo dei terremoti, fatto dall’architetto Luciano Di sopra – è pari a 74 milioni, il più basso rispetto a quello investito nelle altre realtà regionali colpite dal terremoto, a sfatare che il Friuli sia stato privilegiato dallo Stato nei finanziamenti della ricostruzione. Nel citare queste cifre Tesini ha anche sottolineato che in termini percentuali, per la fase di emergenza e per la fase della ricostruzione e sviluppo sono state utilizzate rispettivamente il 12,46% e l’87,54% delle risorse complessivamente assegnate alla Regione. Ora che la ricostruzione può dirsi compiuta, pensare ad essa come a un possibile modello per i tempi attuali per affrontare non solo le emergenze, ma anche l’impatto delle grandi infrastrutture può sembrare una forzatura – ha affermato Tesini ricordando però che l’immediata coniugazione tra ricostruzione e sviluppo e scelte strategiche da subito compiute riguardo a economia, territorio e modello sociale portarono a decisioni efficaci, ma anche sostenute da una forte condivisione e da un vasto consenso. Questo è un tema sul quale in autunno ci sarà un confronto approfondito – ha detto sottolineando che la situazione e il dibattito qui vedono le grandi infrastrutture (Corridoi 5 e Adriatico, reti tecnologie e dell’energia, grandi opere di difesa idraulica) al centro dell’attenzione e che accanto a una condivisione generalizzata della loro necessità c’è attesa e preoccupazione rispetto alle scelte concrete e ai loro esiti. I problemi che investono contemporaneamente più livelli devono essere trattati da tutti i livelli interessati attraverso la costruzione di percorsi decisionali trasparenti e concertati che conducano alla conciliazione degli interessi generali con quelli concreti. La ricerca di un equilibrio nel conflitto tra interessi generali e locali è compito imprescindibile della democrazia, a cui hanno adempiuto degnamente le forze politiche e gli enti locali al tempo della ricostruzione e questa è una preziosa eredità – ha concluso Tesini: il modo migliore per non isterilire questa giornata sta nel far tesoro dell’esperienza positiva della ricostruzione. Il futuro è davanti e aperta è la sfida sulle grandi opere. Sta a noi raccoglierla e vincerla se crediamo nella forza del dialogo. Franceschino Barazutti,
presidente dell’Associazione dei comuni terremotati e dei sindaci
della ricostruzione, sottolineando come in questi giorni ogni
anno si onorino le vittime del terremoto e gli artefici della
ricostruzione e ricordando fra gli altri il presidente della
giunta Antonio Comelli, il Segretario straordinario Emanuele
Chiavola, il prefetto Spaziante, il sindaco Cedolini di Forgaria
e il presidente della Commissione per il terremoto Angelo Ermano,
ha affermato che questi dovrebbero essere anche i giorni di una
approfondita analisi su quella esperienza non solo per il
patrimonio di conoscenze in tanti settori che ha consentito di
accumulare, ma per il rapporto istituzioni-cittadini che si è
realizzato e che non si esaurisce nella Protezione Civile e che
ci permette ora di portare ad altri quella solidarietà che
abbiamo ricevuto. Quel patrimonio di conoscenze ha anche un
valore di mercato che abbiamo purtroppo trascurato, ma la
partecipazione della gente è stata la punta avanzata di quel
processo.

In questo periodo in cui i comuni piccoli sono accusati di essere
sperperatori e inefficienti, si è chiesto Barazzutti, come mai
allora ce la fecero con onore anche se è vero che alle spalle
avevano l’apparato? Il terremoto è stato prevalentemente di
piccoli comuni e la gente ha visto nel comune l’aspetto moderno
dell’antica vicinia, organo di antico governo. Il timore è che il
giorno dopo delle commemorazioni torni il silenzio: Questo
sarebbe un errore perché l’esperienza della ricostruzione deve
essere una guida per domani e didattica per i giovani. Sul
versante delle grandi opere in zone che per secoli hanno vissuto
di transiti e che con le grandi infrastrutture hanno perduto
tutto occorre dire che la struttura deve farsi carico dei
problemi delle aree attraversate.
Infine Barazzutti ha annunciato il laboratorio e la mostra sul
modello della caduta del duomo di Venzone bilingue
(italiano/inglese)che sarà una esposizione stabile, per
ricordare, per riparare e ricostruire. Il riconoscimento della
ricostruzione c’è già stato, a tutti i livelli, ma qui si dà
corpo realmente al “modello Friuli”. Così Adriano Biasutti per
l’Associazione consiglieri regionali e già assessore alla
Ricostruzione nonché presidente di Giunta.

A palazzo Belgrado (sede della Provincia di Udine), incontrammo
Francesco Cossiga quale ministro degli Esteri – ha rammentato
Biasutti – che ci disse che dovevamo passare dalle tende alle
case. Fu una sollecitazione violenta, che ci fece capire quale
era la direzione di marcia. In realtà ci furono due emergenze: la
fase della Regione, degli enti locali e di quanti hanno lavorato,
poi la fase della ricostruzione. La prima fu rapida, con la legge
17 per riparare le case, ma a settembre la grande seconda scossa
ci fece capire che l’emergenza vera era l’altra: ricostruire le
case.

Avevamo capito che bisognava prendere le cose sul serio. Il
tentativo di razionalizzare creando una grande Udine e una grande
Pordenone fu rigettata subito. Solo con l’autonomia potevamo
risolvere i nostri problemi, e questo lo aveva capito il nostro
referente, Aldo Moro.

Scattò una solidarietà immensa, sin anche da oltre Oceano (dal
Canada agli Stati Uniti all’Australia) – ha proseguito Biasutti.
Bisognava però quantificare il danno, i sindaci furono bravi e
non ci furono risse, ci fu la Commissione speciale, la Segreteria
generale straordinaria, nacquero la programmazione e gli appalti
accorpati, la vera ricostruzione cominciò nel ’78.

L’ex presidente ha quindi concluso rammentando l’intesa politica
che non mancò tra i diversi Gruppi e le strutture straordinarie
che furono create.
Mario Toros, a nome
dell’Associazione parlamentari del Friuli Venezia Giulia nonché
allora ministro del Governo Moro, ha parlato di come reagì il
Governo nazionale alla notizia del sisma di maggio, del
particolare momento che si viveva a Roma con il Parlamento
sciolto e l’indizione delle elezioni anticipate.

Ma il presidente Moro riunì l’allora ministro Cossiga, lo stesso
Toros e Antonio Comelli. Diede mandato di creare il decreto
“Ricostruzione e sviluppo” con la possibilità, per la nostra
Regione, della delega al governo locale, cosa mai accaduta prima
e che anche oggi non esiste. E poi la grande solidarietà
nazionale che arrivò da tutti i parlamentari che, sebbene già
presi dalla nuova campagna elettorale, si riunirono permettendo,
così, la conversione del decreto in legge.

Se è doveroso ricordare i momenti tremendi, è altrettanto
doveroso ricordare la grande solidarietà che il Friuli ricevette
– ha quindi rimarcato Toros – anche dai Paesi esteri. E questo
perché il suo miglior ambasciatore furono e sono i suoi emigranti
sparsi in tutto il mondo.
Roberto Molinaro, consigliere
regionale ed ex sindaco di Colloredo di Monte Albano, è
intervenuto per designazione dei gruppi di opposizione.

Celebriamo, doverosamente a Gemona, il trentesimo anniversario
del terremoto con quella che è forse l’ultima occasione
significativa perché il ricordo non sia solo memoria, ma anche
testimonianza dei protagonisti di quel tempo e di quei momenti
già divenuti riferimento temporale nell’opinione comune.

Dopo trent’anni, così Molinaro, per l’intera nostra Regione, cioè
anche quella non terremotata, è necessario guardare a
quell’esperienza che ha interessato una parte significativa del
suo territorio e coinvolto le sue istituzioni rappresentative ai
diversi livelli, dando vita a quel contesto definito più tardi
come “modello Friuli”, per individuare i suoi contenuti di
attualità. Contenuti che, dato il forte cambiamento del contesto
sociale e istituzionale, non possono che essere valori, vincenti
ieri per la ricostruzione, ma sicuramente adatti anche oggi nella
definizione di prospettive di sviluppo del Friuli Venezia Giulia
in questo tempo di globalizzazione.

Tra essi il consigliere ha citato l’unitarietà d’intenti tra i
diversi protagonisti che dovrebbe essere un monito oggi, dove
nelle istituzioni le regole si cambiano ancora a colpi di
maggioranza e chi ha un’opinione diversa dalla propria è ancor
ritenuto, da molti, un nemico. Un secondo valore, per Molinaro, è
dato dalla leale cooperazione tra istituzioni, un antesignano
federalismo di fatto che ha coinvolto Stato, Regione e Comuni.
Terzo elemento è quello dell’identità di una terra e di un
popolo, il Friuli e i friulani. La famiglia prima realtà di
appartenenza per ciascuno, la casa come simbolo, il paese come
riconoscibilità collettiva, il lavoro come impegno prioritario,
le istituzioni come riferimento. Vi è poi il quarto valore
costituito dalla solidarietà, concretizzatasi in migliaia di
interventi avviati sin dall’immediato post terremoto. Un fenomeno
che meravigliò molto, in quei momenti, dato che il Friuli per
molti, anche geograficamente, era individuato con difficoltà, ma
che attraverso l’emigrazione della sua gente aveva saputo farsi
conoscere in Italia, in Europa e nel mondo.

Per tali ragioni, il ricordo di questi giorni, se non si limita
alla memoria e alla commemorazione, può essere un’occasione di
grande interesse. Perché quei valori, ha concluso Molinaro, che
sono stati fondamentali per la ricostruzione-rinascita del Friuli
possono davvero essere il riferimento per lo sviluppo economico e
sociale nel terzo millennio dell’intero Friuli Venezia Giulia.

Il ricordo dei momenti della
tragedia e le caratteristiche qualificanti della ricostruzione
hanno costituito la parte portante anche dell’intervento del
consigliere regionale Virgilio Disetti, intervenuto a nome della
maggioranza, che ha sottolineato come il disastro immane avrebbe
potuto piegare il nostro territorio, e se ciò non è successo è
perché abbiamo scommesso sulla ricostruzione di case e paesi, ma
anche di infrastrutture e di un tessuto economico e sociale,
dell’identità di un popola e di un sistema di relazioni.

Questa sfida è stata vinta, lo diciamo con orgoglio e con
gratitudine.

Quella ricostruzione ha avuto successo, ed è l’unica su aree
deboli e marginali. Questa è stata la nostra prima specificità e
questo ci ha fatto risultare un modello, anche data la situazione
sismica dell’Italia. Oggi presentiamo i nostri risultati al Paese
che ha espresso solidarietà: una diffusione territoriale non solo
di una economia che già prima aveva un assetto decentrato, ma
anche di servizi indispensabili a mantenere la coesione del
territorio. Abbiamo potuto realizzare ciò innanzitutto per lo
spirito di sacrificio del popolo friulano, che da solo non ce
l’avrebbe fatta se non avesse avuto al suo fianco lo Stato e la
Regione, senza il coinvolgimento dei comuni, senza la solidarietà
nazionale e internazionale, non solo economica.

Da questa esperienza di decentramento sono nate anche la
Protezione civile e la legge sul volontariato – ha sottolineato
infine Disetti ricordando il messaggio di una mano anonima che,
rispondendo all’interrogativo di chi chiedeva dove in quella
tragedia fosse Dio, scrisse: “nel cuore, nella testa e nel lavoro
di centinaia di volontari che qui hanno lavorato”.
In questa ricorrenza, ha affermato
nell’intervento conclusivo il presidente della Regione Riccardo
Illy, voglio ricordare che l’impegno dei friulani e di tutte le
istituzioni fu fondamentale per rimarginare le ferite che in
pochi attimi si erano aperte nel tessuto vivo della nostra
comunità.

E’ necessario continuare a ricordare e il mio pensiero va in
primo luogo a quanti ci lasciarono in quei pochi terribili
attimi. Illy ha quindi rivolto un ringraziamento per l’opera
svolta dallo Stato, dal Commissario straordinario, dalle
Prefetture, dai Vigili del Fuoco, dalle Forze armate, alla
solidarietà ricevuta dalle Regioni italiane e da tanti Paesi
stranieri, alla grande partecipazione dei nostri emigrati, alla
Croce Rossa, a tutte le associazioni di volontariato e di ogni
singolo volontario, ai mezzi di informazione. Un ruolo importante
per la ricostruzione fu dato dalla Chiesa friulana, capillarmente
presente in ogni comune terremotato.

Con un sentimento di intensa partecipazione, ha aggiunto il
presidente della Regione, che il tempo non cancella ma che la
profondità della distanza rende invece più preciso, si può oggi
tracciare un bilancio del terremoto del Friuli, una tragedia che
non ha lasciato solo dolore e morti, ma che ci ha fornito anche
utili insegnamenti.

Illy ha ricordato la tenacia e il coraggio dei friulani, le
intuizioni dei rappresentanti istituzionali, le scelte coraggiose
ma vincenti che furono adottate, come il decentramento dei
poteri. Una grande operazione che fu possibile grazie alle
risorse finanziarie che furono stanziate dallo Stato e affidate
direttamente alla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.

Fu poi la Regione a svolgere il compito di coordinamento e di
programmazione assegnando ai sindaci, investiti dell’inedito
ruolo di funzionari delegati dell’Amministrazione regionale,
responsabilità dirette nella gestione della spesa, permettendo
così non solo di semplificare e accelerare le procedure, ma anche
di promuovere una ricostruzione che rispondesse ai bisogni
autentici delle comunità colpite.
Da ciò, ha proseguito Illy, è nata
la volontà di ripristinare tutto come era e dove era, affinché
gli abitanti non perdessero la memoria del passato e le loro
radici.

Evidenziando come nella ricostruzione siano state applicate le
più moderne tecniche antisismiche per evitare che in futuro
possano ripetersi simili distruzioni, Illy ha quindi affermato
che il terremoto è stato un “caso esemplare di federalismo
solidale” e che la riforma delle Autonomie locali, recentemente
approvata dal Consiglio regionale, si riallaccia a quella
esperienza. Con essa si attua un sistema federale all’interno
della Regione secondo i principi costituzionali di sussidiarietà,
autonomia e adeguatezza. Agli enti più vicini ai cittadini sono
assegnate competenze, ma anche risorse e responsabilità
finanziarie adeguate, attraverso la compartecipazione diretta a
una quota dei tributi riscossi sul loro territorio.

L’esperienza del terremoto ci ha lasciato un’altra fondamentale
eredità, ha detto Illy: il volontariato della Protezione civile.
Se oggi alle associazioni di volontariato è riconosciuto nella
legislazione della Protezione civile un importante ruolo centrale
come struttura operativa nazionale con ampi e diversificati
compiti, lo si deve ancora una volta al Friuli.

Dopo aver ricordato l’opera svolta dall’allora presidente della
Giunta regionale Antonio Comelli e il meritevole ruolo ricoperto
dall’on. Zamberletti, Illy ha inteso riconoscere come
l’esperienza del terremoto abbia mostrato un Friuli fedele alla
sua vocazione storica, ai valori di lingua, di cultura, di
tradizione, di costume, di storia, di civiltà italica, slovena e
tedesca.

Il presidente della Regione non ha trascurato un passaggio
riferito allo sviluppo economico e sociale del Friuli, al
cambiamento favorito dalla realizzazione di numerose opere
infrastrutturali, specie nel settore della viabilità,
all’inversione di tendenza di una regione che da terra di
emigrazione è diventata terra di immigrazione.

Il Friuli avrà un futuro di sempre maggiore progresso, ha
sottolineato Illy, se saprà aprirsi a una dimensione europea e
internazionale, unendo popoli e uomini nel segno dell’unità di
questi ideali.

Dopo aver affermato che il ricordo di chi non è più tra noi vive
nei nostri cuori, è presente nell’universo e ascolta il nostro
grazie, Illy ha voluto concludere il suo intervento associandosi
alle parole dell’Arcivescovo Emerito di Udine mons. Battisti: “Un
popolo non muore perché crollano le case; un popolo è vivo fino a
che sono vivi i valori morali e religiosi che ne costituiscono
l’anima”.
Al termine del suo intervento il
presidente della Regione Riccardo Illy ha letto il messaggio
fatto pervenire dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio
Ciampi.

“Ricordiamo oggi i trent’anni trascorsi dal drammatico terremoto
che ha colpito il Friuli, la sua gente, le sue case, i suoi
paesaggi. Quell’evento tragico – scrive il Capo dello Stato – che
ha causato lutti incancellabili e gravissime distruzioni è
indelebile nelle nostre coscienze insieme all’esempio di dignità
e di coraggio della gente friulana.

Da quella tragedia il Friuli seppe risollevarsi con il lavoro,
con uno straordinario spirito di sacrificio e una generosità che
sono stati di esempio per tutti. A questo coraggio la
collettività nazionale ha saputo rispondere con una straordinaria
testimonianza di solidarietà e di unità, valori fondanti della
nostra identità.

Con questa commossa memoria – conclude Ciampi – rivolgo a lei
egregio presidente Illy e a tutta la comunità friulana un saluto
partecipe”.