GEMONA: Incontro della Regione sul disagio giovanile

La sala del Consiglio
comunale di Gemona ha ospitato il quarto degli incontri
organizzati sul territorio dall’Ufficio di presidenza della terza
Commissione del Consiglio regionale, di concerto con il Tutore
pubblico dei Minori, per cominciare a parlare delle problematiche
legate all’infanzia e all’adolescenza mettendo al centro proprio
il minore quale portatore di diritti propri.

Intenzione dei legislatori, che hanno scelto Gemona quale luogo
dove riunire operatori e assistenti sociali, psicologi e
amministratori locali dell’Alto Friuli, è di raccogliere proprio
da loro informazioni su come creare un Piano generale
dell’infanzia con una rete operativa comune per tutta la regione,
pur avendo presenti le difformità con cui si presentano i singoli
casi anche a seconda delle zone, perché c’è la consapevolezza che
per la montagna certe problematiche, come l’isolamento o la
possibilità di spostarsi, sono amplificate.

Mondo a misura di bambino e priorità del bambino sono i due
concetti dai quali dobbiamo partire – hanno affermato. Il nostro
impegno deve essere quello di individuare gli obiettivi e
finanziarli, senza sostegni a pioggia che non servono a nulla.
Anche il presidente Ciampi ha recentemente messo la famiglia al
primo punto dello sviluppo del Paese, ma non si possono fare
promesse solo per poi disattenderle. La nostra regione registra
un disagio generale dovuto a problemi generazionali, all’essere
terra di confine, ma anche al veloce passaggio da mondo agricolo
a post-industriale. La Commissione sta affrontando la legge sulla
famiglia, a cui dobbiamo arrivare in tempi brevi inserendo il
bambino come persona che ha il diritto di realizzarsi nella vita,
vita in cui il ruolo dei genitori non può essere dimenticato.
Troppo spesso questo viene meno perché si preferisce demandare ad
altri – all’insegnante, allo psicologo – le proprie
responsabilità nella crescita dei propri figli.

L’Ufficio del Tutore pubblico – ha aggiunto Gigliola Della Marina
– è stato voluto dalla Regione sette anni fa quale istituto di
difesa del minore. Forse del disagio minorile si parla ancora
troppo poco e la cultura dell’infanzia deve ancora nascere
veramente. Invece non dobbiamo sottovalutare il fatto che a
livello internazionale stanno chiedendo all’Italia, e dunque
anche alle sue Regioni, di pensare a un unico corpo legislativo
destinato ai bambini. Per agire ci vogliono dati, ma specie sui
più piccoli quelli che abbiamo sono pochissimi perché li
consideriamo sempre in relazione allo stato della famiglia di
appartenenza, così non ce ne sono ancora, ad esempio, sullo stato
di povertà del minore. La scuola, poi, è al centro del mondo del
bambino e mi dispiace registrare la mancata presenza di un
rappresentante scolastico.

Gli intervenuti hanno quindi fatto presente i diversi progetti
organizzati dalle strutture facenti capo all’Ambito 1 (Gemonese,
Val Canale, Canale del Ferro, per un totale di 15 Comuni) e
all’Ambito 2 (Carnia, 28 Comuni) segnalando un po’ tutti le
difficoltà dovute all’isolamento delle valli e agli spostamenti
da effettuare nelle zone di montagna, con notevoli costi anche
per le famiglie stesse. E’ un problema che segnaliamo sempre e da
sempre agli amministratori, ma che puntualmente si presenta
ancora senza soluzione – hanno detto con molta franchezza ai
consiglieri. Si pensi a quando un bambino deve spostarsi tutti i
giorni per andare a scuola o quando vorrebbe partecipare ai campi
estivi. L’adolescenza è già un periodo difficile – non hanno poi
mancato di ricordare – ma per un bambino adottato lo è ancora di
più, con ulteriori difficoltà quando si tratta di bambini
stranieri abbandonati, e i casi sono in aumento. Altro discorso è
quello dei bambini autistici per i quali i servizi, appena
sufficienti per la zona centrale della provincia udinese, non lo
sono per i casi segnalati dalla montagna e dalla Bassa Friulana.
Dai dati emerge che i casi più segnalati sono di disagio
familiare (nell’Ambito 2 si raggiunge il 71%) e di disadattamento
socio-ambientale.

Da parte degli amministratori locali è stata infine denunciata
una mancata applicazione della legge quadro nazionale 328 del
2000 in materia di servizi sociali, causa l’aver scelto di
trasferire i fondi da questa stanziati nelle richieste giunte in
seguito alla legge regionale 10, sempre del 2000, il cui articolo
32 prevede un assegno di assistenza e cura per le famiglie con
persone anziane non autosufficienti a carico. Ma neppure le
Province possono chiamarsi fuori perché hanno dei fondi propri
che dovrebbero destinare alle tematiche dei bambini e della
famiglia.