Lavoratori indeterminati in crescita anche in Alto Friuli
Un primo trimestre meno positivo di quello dello scorso anno: si è
attestato infatti a + 574 il valore di saldo tra assunzioni (4.532) e cessazioni
(3.958) dei primi tre mesi del 2015 in Alto Friuli. Se si raffrontano le cifre a quanto
accaduto negli stessi primi tre mesi del 2014, le assunzioni crescono di 83
unità e le cessazioni di 111, facendo segnare in termini assoluti 28 contratti
in meno, pari a – 4,65%; dato ben più pesante di quello provinciale (-1,6%).
Analizzando le tipologie di contratto 3.823 assunzioni (l’84,35% sul totale) sono state a
tempo determinato, 709 a tempo indeterminato (15,65%). Rispetto a quello che succedeva 12 mesi fa l’utilizzo di questa
tiplogia contrattuale è cresciuto del 33,78% (ben superiore del dato
nazionale reso noto dall’Inps che è del 24%), andando così a modificare in senso migliorativo la qualità del
rapporto tra le due categorie di contratti (nell’ultimo triennio infatti si
attestava su una media di 88 a 12).
Passando però a fare i conti con le
cessazioni si scopre che sono state 3.239 quelle a tempo determinato (81,83%
sul totale), 719 quelle a tempo indeterminato (18,2%), in linea con il trend
storico.
A livello zonale, secondo i dati dei Centri per l’Impiego, è il tarvisiano l’unico a segnare
un saldo trimestrale di inizio anno già negativo (-62), mentre tutti gli altri
figurano con il segno “Più”: la Carnia ha un saldo positivo di 180, il gemonese di 110, il sandanielese
di 151 e il tarcentino di 195.
Se allarghiamo l’analisi agli ultimi tre anni (III Trimestre 2012- I
Trimestre 2015) emerge che complessivamente nel comprensorio si sono persi
2.514 contratti,
all’interno dei quali l’erosione maggiore è arrivata dal settore dei servizi
(1.290) e dall’industria (1.110).
Più o meno invariato il numero di cittadini in mobilità rispetto sempre ai valori del I
Trimestre 2014, sono 833 di cui 278 femmine e 555 maschi. Guardando ai flussi i
nuovi ingressi sono stati 30.
“Nell’arduo percorso di uscita dalla crisi, questi dati confermano che
effettivamente anche nel nostro teritorio di riferimento l’attuazione del Jobs
Act ha permesso un
ricorso più frequente alle nuove forme contrattuali e quindi ad un
miglioramento della qualità dei rapporti di lavoro – commenta Franco Colautti, segretario generale della
Cisl Alto Friuli – ma è ancora troppo
presto per poter parlare di inversione di tendenza perché c’è molto ancora da
fare per creare, accando alla ripresa dell’economia – che non vediamo – anche
le condizioni dell’auspicata ripresa dell’occupazione”.
FOCUS EDILIZIA
Per quanto riguarda invece l’edilizia i dati provinciali rimangono
preoccupanti: dal
2009 meno 413 imprese attive in media mensile; meno 2.292 operai denunciati in
media mensile alla Cassa Edile di Udine.
Il settore sembra stabilizzarsi
intorno a – 37 % di lavoratori e – 33% di imprese. Anche il dato sulle ore
lavorate e dichiarate in cassa edile rimane critico, dal 2009 fa registrare un
calo del 47% ( 432.252 ore in meno). L’area montana risente della situazione di
crisi in modo più pesante anche perché molti
operai edili risiedono proprio in Alto Friuli.
“A preoccupare inoltre – spiega Valentino Bertossi della Segreteria
Cisl Alto Friuli – sono le ricadute future visto che molte imprese stanno
portando a termine gli ultimi cantieri in portafoglio ordini. Il
rischio è che queste imprese – e tante sono ubicate in Alto Friuli – si trovino completamente senza lavoro e
quindi senza nuovi cantieri da aprire.
Per questo è necessario velocizzare le misure e accelerare i tempi per gli
investimenti in infrastrutture, in opere contro il dissesto idrogeologico e la
difesa del territorio e per gli interventi per il risparmio energetico”.