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Approvata la riforma sanitaria del Friuli Venezia Giulia

Con 27 voti favorevoli del centrodestra, e 18 no di Pd, Cittadini, Patto per l’Autonomia, Open Sinistra FVG, Movimento Cinquestelle e di Walter Zalukar del Gruppo Misto, il ddl 70 in materia di “Riorganizzazione dei livelli di assistenza, norme in materia di pianificazione e programmazione sanitaria e sociosanitaria e modifiche alla legge regionale 6/2006 e alla legge regionale 26/2015” (la cosiddetta riforma della sanità regionale) è diventato legge.

Prima del voto, dalla Giunta sono stati accolti 32 ordini del giorno sui 43 presentati.

“Questa riforma, frutto di ascolto e condivisione, è un atto di grande serietà perché impedisce che la sanità diventi preda di una concezione distorta del consenso elettorale, stabilendo che la politica stia fuori dalle decisioni tecniche e organizzative e rimanga correttamente nelle funzioni di indirizzo e controllo”. È il commento che il governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga.  Esprimendo soddisfazione per il voto favorevole dell’Aula, Fedriga ha sottolineato come con questo nuovo impianto normativo si riesca “finalmente” a dare un ordine al sistema della sanità regionale attraverso la diminuzione del numero delle Aziende sanitarie.
Cambia, secondo il governatore, anche il rapporto con il cittadino alle prese con un problema di salute in quanto, collegando operativamente la fase ospedaliera a quella sociosanitaria con il coinvolgimento dei distretti e dei Comuni, viene garantito un accompagnamento completo.

“Due sono i motivi che mi rendono orgoglioso di questa riforma della sanità regionale: la volontà espressa dalla maggioranza del Consiglio regionale di aprire una fase di confronto con lo Stato sulla compartecipazione finanziaria della spesa sanitaria e il voto unanime dell’Aula sulla parte relativa all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate”. Lo ha affermato il vicegovernatore Riccardo Riccardi, il quale per quel che riguarda i rapporti con lo Stato, Riccardi ha spiegato che “Roma non può continuare a stabilire i criteri facendo pagare alla Regione i costi della sanità, negoziando invece con le altre Regioni risorse superiori a quelle stanziate per il Friuli Venezia Giulia”.
Commentando l’articolato della riforma relativo all’inserimento delle persone svantaggiate, il vicegovernatore ha sottolineato il ruolo attribuito in questo ambito alla cooperazione sociale “che, in questo modo, potrà assumere dando piena dignità retributiva al lavoro di cittadini che vengono seguiti nella loro condizione di difficoltà, creando le giuste condizioni di indipendenza e di inclusione indispensabili a garantire un miglioramento della qualità della vita”.
“È una riforma – ha evidenziato Riccardi – che guarda al tema della salute, non solo a quello prettamente sanitario, in quanto costruisce una catena che si allunga e affronta la fase della presa in carico e, quindi, dell’integrazione sociosanitaria. Credo – ha concluso il vicegovernatore – che adesso possano esserci le migliori condizioni per partire con un lavoro nuovo, attraverso le tre nuove aziende e i nuovi direttori generali”.

 

«Avevamo già denunciato sia il rischio di una maggiore apertura ai privati sia quello di un eccesso di deleghe alla Giunta. L’emendamento che incrementa i fondi per il pagamento delle prestazioni rese dai privati accreditati conferma quanto fossero giustificati entrambi i timori». Rossana Giacaz, responsabile welfare della segreteria regionale Cgil, commenta così, partendo dall’articolo più controverso del ddl 70, l’approvazione della legge che segna l’avvio della fase due della riforma sanitaria, con scelte che la Cgil giudica «poco coerenti con gli obiettivi dichiarati di ridurre le liste di attesa e di favorire l’integrazione socio-sanitaria, ma tese piuttosto a favorire una progressiva apertura del sistema ai privati».

Rossana Giacaz

«La presentazione in extremis, da parte della Giunta, di un emendamento su un tema così sensibile come quello del ricorso ai privati conferma la volontà dell’esecutivo di procedere mediante colpi di mano», spiega Giacaz. «Non è così – aggiunge – che si può governare una riforma complessa come quella della sanità, né tantomeno andando allo scontro con il Governo centrale sulla base di teoremi secondo i quali le liste di attesa si riducono aumentando la percentuale di prestazioni erogate dai privati. In questa maniera, come confermano i casi di altre regioni, l’unico risultato certo che si ottiene è quello di far lievitare i costi e il numero di prestazioni inappropriate. La strada maestra per abbattere i tempi delle prestazioni è un’altra: assumere per far fronte alle carenze di personale e mantenere saldamente in mano pubblica il governo del sistema. Più aumenta il numero di prestazioni affidate ai privati, invece, più la gestione delle liste di attesa sfugge al controllo del pubblico».