CarniaPrimo pianoTerritorio

Tolmezzo, il sindaco Brollo: “No ai migranti alla Cantore”

“Comprendiamo che il Prefetto nel suo ruolo possa e debba trovare luoghi per isolare le quarantene e che per prima cosa lo faccia in “casa propria”, ovvero in luoghi del demanio, così come si capisce che si tratti di una necessità di salute pubblica e non di accoglienza a governare queste scelte. Bisogna però far notare che schiacciata nel mezzo di queste esigenze, a pagare sia ancora un volta Tolmezzo, già privata negli anni di importanti presìdi e alla quale si chiede ora un ulteriore sacrificio”

 

Il sindaco della Città di Tolmezzo, Francesco Brollo, esprime così la propria ferma contrarietà all’ipotesi che la ex Caserma Cantore venga individuata come luogo per l’ospitalità temporanea di cittadini extracomunitari in quarantena, ipotesi emersa in seguito a una delle visite di sopralluogo che il Prefetto di Udine, Angelo Ciuni, sta effettuando sul territorio friulano alla ricerca di spazi e che ieri pomeriggio lo ha portato a Tolmezzo.

 

Il sindaco, che ha incontrato il prefetto assieme alla vicesindaco Fabiola De Martino, ha immediatamente formalizzato la contrarietà della amministrazione al Prefetto e in queste ore sta coinvolgendo i capigruppo consiliari dato che intende rendere partecipi tutte le forze che amministrano la città su questo tema. A tale proposito ha già chiesto al Prefetto la disponibilità a incontrare i capigruppo consiliari. Brollo interesserà anche i parlamentari della montagna e i consiglieri regionali del territorio.

 

“Diciamo no con fermezza all’utilizzo delle ex caserme degli alpini di Tolmezzo per ospitare la quarantena dei cittadini extracomunitari perché, in questo caso, lo Stato si ricorda che la montagna esiste solo quando ne ha bisogno, mentre se ne dimentica quando è la montagna a chiedere attenzione. Per questo motivo viviamo l’eventuale scelta del Prefetto di Udine di requisire una caserma sul territorio di Tolmezzo come una mancanza di rispetto dello Stato verso il territorio montano carnico, di cui Tolmezzo è capoluogo”.

 

“Ricordiamo che lo Stato negli anni ha tolto a Tolmezzo alcuni propri presidi fondamentali per il tessuto cittadino come le Caserme, il Tribunale e la Procura della Repubblica, la sede della Polstrada, il tutto per meri scopi di centralizzazione, impoverendo Tolmezzo e il territorio carnico. Ciò ha contribuito – oltre a una riduzione dei servizi – al calo demografico, cioè meno numeri nelle scuole, nelle nascite e in ospedale, ovvero una corsa al meno che penalizza nei numeri questa zona nel momento in cui pare siano solo i numeri che orientano le politiche del centro a svantaggio delle periferie montane.

 

Lo Stato ha ignorato questo territorio e ora se ne ricorda per imporci una servitù che comporta la zona di quarantena? Perciò affermiamo convintamente la nostra contrarietà.

 

Aggiungiamo che nel caso specifico di Tolmezzo, questa amministrazione comunale sta facendo da tempo il proprio dovere sul tema dell’accoglienza, avendo da 4 anni attivato un progetto Sprar (sistema di protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) che governa la presenza degli extracomunitari con percorsi di formazione e che aveva alla propria base una clausola (detta “di salvaguardia”) con il Ministero dell’Interno che impediva allo Stato di assegnare ulteriori cittadini extracomunitari sul territorio comunale.

 

Adesso, quello stesso Stato che è restato sordo alle esigenze della montagna, si prende un pezzo di montagna, dall’alto valore simbolico perché le caserme chiuse sono una ferita aperta per tutti noi da quando hanno trasferito gli Alpini in pianura. Quando serve a Roma la montagna eccome se fa comodo, quando la montagna chiede a Roma invece no? Abbiamo una dignità che ci impedisce di accettare questa logica centralista, ben comprendendo che in questo caso non si tratterebbe di mettere a Tolmezzo un centro di accoglienza, ma un luogo temporaneo di quarantena, quindi con finalità sanitarie e non di accoglienza.

 

Affermo ciò con estremo rispetto per le istituzioni, di cui faccio parte, e proprio per questo mi permetto di richiamare le ragioni della nostra contrarietà: perché la lealtà istituzionale deve vivere di rispetto reciproco. Non è in discussione qui il riconoscimento della necessità, per esigenze di salute pubblica, di adottare pronte soluzioni per la quarantena dei cittadini extracomunitari, che ben capiamo, così come siamo consapevoli che se ciascun territorio comunale dicesse di no, ci troveremmo con cittadini extracomunitari che circolano per il territorio senza aver fatto la quarantena, ma è QUESTO territorio, questa montagna che si sente ignorata. Non è nemmeno una vicenda di destra o sinistra, ma di rapporto alterato tra centro e periferia montana! 

 

Anche perché questo è un territorio che in ogni occasione quando lo Stato chiama – si veda ad esempio emergenze sismiche in vari luoghi della penisola – non ha esitato a fornire persone, mezzi e fondi con generosità e solidarietà. Ci aspettiamo perciò medesima attenzione dallo Stato.

 

Propongo provocatoriamente, ma neppure tanto, che lo Stato riporti a Tolmezzo gli Alpini del Terzo da Montagna alla Caserma Cantore, riapra Tribunale e Procura e solo dopo ne possiamo parlare. A fronte di una attenzione dello Stato, disposto a ripristinare la propria presenza, ci troveremmo infatti motivati a studiare soluzioni idonee a garantire la salute pubblica, nel reciproco rispetto. Destinare invece alle quarantene in oggetto proprio una Caserma, segno fisico e visibile di una ferita aperta in una comunità orfana delle truppe Alpine, rappresenta un atto impattante negativamente anche dal punto di vista simbolico.

 

Giungono quanto mai opportune in questo contesto le parole pronunciate in Assemblea Costituente dal senatore carnico Michele Gortani il 13 maggio 1947, quando propose ai colleghi l’approvazione dell’articolo 44 della Costituzione, che tutela la montagna, rispetto alla quale e al rapporto con lo Stato, così si espresse: “E’ una regione (la montagna ndr) abitata da gente laboriosa, parsimoniosa, paziente, tenace, che in silenzio lavora e in silenzio soffre tra avversità di suolo e di clima; che rifugge dal disordine, dai tumulti e dalle dimostrazioni di piazza, e ne è ripagata con l’abbandono sistematico da parte dello Stato. O meglio, della montagna e dei montanari lo Stato si ricorda, di regola, e si mostra presente, quando si tratta di imporre vincoli, di esigere tributi o di prelevare soldati. Matrigna la natura, al nostro montanaro, e matrigna la patria; e tuttavia è pronto, così per la patria, come per la nativa montagna, a sacrificare, ove occorra, anche se stesso. Perché la montagna è la sua vita, e la sua patria è la sua ragione di vivere. E in lei non ha ancora perduto la sua fiducia. Facciamo che non la perda”.

 

Per tutti questi motivi e quindi non per partito preso non possiamo che dirci contrari alla ipotesi di dislocazione della zona di quarantena nella Ex Caserma Cantore, luogo tra l’altro ora oggetto di cantiere di ristrutturazione della copertura della prestigiosa Villa Linussio. Per i medesimi motivi invito tutti i gruppi consiliari ad aderire a questa richiesta. Estendo l’invito ad aderire alla richiesta a tutti i sindaci della Carnia per manifestare la propria contrarietà a scelte come questa prospettata che ignorano la voce della nostra montagna. In tutto ciò ci auguriamo che anche la regione Friuli Venezia Giulia faccia la propria parte, a fianco delle amministrazioni comunali e delle genti della montagna”.