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Migranti a Prato Carnico, predisposta la petizione da inviare al Prefetto

Di ieri la notizia che due famiglie irachene, le stesse rintracciate te mpo fa sul sagrato della chiesa di Pontebba, hanno tentato di allontanarsi dall’Albergo Pradibosco, salvo venire subito individuate dai Carabinieri dopo la segnalazione di alcuni residenti e riaccompagnate nella struttura in comune di Prato Carnico.

Intanto è stata predisposta la petizione per chiedere al Prefetto di Udine di rivedere la decisione di utilizzare l’albergo Pradibosco come struttura per ospitare immigrati richiedenti asilo politico in regime di quarantena. Può essere firmata in quasi tutti i negozi e bar della Val Pesarina. Come spiega il sindaco Erica Gonano, “è un tentativo di sintetizzare tutte le diverse istanze raccolte in questi giorni per le vie brevi”.
Ecco il testo.

Egregio Prefetto,
Ci rivolgiamo a Lei quale rappresentante dello Stato sul territorio e responsabile della gestione dei migranti per manifestarle viva preoccupazione per quanto sta accadendo sul nostro territorio. Un territorio meraviglioso ma fragile e difficile. Non abbiamo molti dei servizi delle città, la banda larga non c’è, il segnale telefonico è spesso una chimera, le strade sono piene di insidie, l’economia depressa, il reddito pro capite basso, il costo della vita più alto. La nostra popolazione ha subito un tracollo nell’ultimo decennio e la piramide anagrafica è paurosamente rovesciata. Lo Stato ci chiama aree interne per la lontananza dai servizi essenziali. Servizi che negli anni sono stati portati ancora più a valle per ragioni di risparmio della spesa pubblica: così via il Tribunale di Tolmezzo, via la Procura della Repubblica, pur in presenza di un carcere di massima sicurezza, razionalizzazione organizzativa degli Uffici postali, via le Caserme, via la Polstrada, ecc. ecc. Spesso ci siamo sentiti abbandonati dalle istituzioni. Ciò nonostante abbiamo deciso di continuare a vivere qui perché amiamo il nostro territorio e crediamo nelle sue potenzialità. Ci stiamo impegnando a fondo per valorizzare le nostre risorse e peculiarità, per rilanciare il turismo e per fare capire che, nonostante tutto, vivere in montagna si può, che i sacrifici sono compensati dalla qualità della vita, dalle relazioni comunitarie da una sostanziale sicurezza, insomma dal vivere in una “isola felice” lontana dallo stress e dai pericoli delle città. La decisione di trasferire migranti presso l’albergo Pradibosco ci preoccupa non poco: temiamo per il nostro futuro e per la nostra sicurezza. Per il nostro futuro perché rischiamo di vedere vanificati gli sforzi fatti per promuovere e sviluppare il nostro territorio, proprio ora che, anche in conseguenza della pandemia, si stava registrando una ripresa dell’interesse per la montagna; per la nostra sicurezza perché l’eco dei fatti di cronaca arriva fino a qua, perché quella struttura è collocata in un area talmente isolata e sprovvista di segnale telefonico cellulare che è difficile immaginare che qualcuno possa resistervi a lungo e, al contempo, che possa essere garantita una effettiva ed efficace vigilanza, perché li soggiornano persone in quarantena fiduciaria e questo incrementa la probabilità di esplosione di focolai da COVID 19 che, per l’età media dei nostri abitanti, rischia di avere effetti devastanti per la nostra comunità; perché nelle temperie del momento tali decisioni costituiscono motivo di accesa conflittualità nelle comunità locali, perché l’integrazione non si attua con grandi numeri sproporzionati agli abitanti ma con progetti calibrati e mirati che tengano conto delle reali possibilità d’inserimento. Sono valutazioni che riguardano l’intero territorio montano che presenta ovunque le medesime condizioni. Riteniamo inoltre ingiusto che il comune sentire delle nostre comunità sia bypassato da accordi con soggetti privati che accettano solo perché in gravi difficoltà economiche. Per tutte queste considerazioni Le chiediamo, signor Prefetto di rivedere la decisione di inserire gruppi di immigrati richiedenti asilo presso i Comuni Montani e nello specifico la decisione di utilizzare a tale scopo l’albergo Pradibosco. Del resto un modus operandi che individui nelle aree periferiche il luogo ideale per l’ospitalità di gruppi di persone altrove indesiderate rischia di essere visto come un mero ragionamento utilitarista che potrebbe suscitare nella cittadinanza la sensazione che lo Stato si ricordi delle proprie marginalità territoriali solo quando deve trovare immediata soluzione a problematiche scottanti e foriere di conflittualità fra Istituzioni e cittadini. Auspicando che il nostro accorato appello possa trovare un positivo riscontro, salutiamo cordialmente.