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Comunità di Montagna, il consigliere di Gemona Pischiutti: «Pessima gestione di una pessima riforma»

Sul tema attuale della Comunità di Montagna si registra l’intervento della minoranza consiliare di Gemona.

“Constatiamo che i nostri suggerimenti, rimasti inascoltati, avevano colto nel segno – dice Marco Pischiutti del gruppo “Progetto per Gemona” -. Nello scorso Consiglio Comunale, riguardo al nuovo statuto della Comunità di Montagna del Gemonese, avevamo sollevato la questione di una gestione più equa e condivisa, con pari peso e dignità di tutti i Comuni del Gemonese e con la partecipazione anche di esponenti della minoranza dei rispettivi Consigli Comunali. Purtroppo non siamo stati ascoltati ed ora i comuni più piccoli, com’è il recente caso di Bordano, si sentono giustamente penalizzati. Non è così che si tiene unito “il Gemonese” quanto con autorevolezza, con politiche condivise e con l’ascolto e la partecipazione di tutte le componenti del territorio”.

La Comunità di Montagna, che dovrà sostituire l’U.T.I. del Gemonese, “cui peraltro il comune di Gemona non aveva mai aderito per mera contrapposizione politica e non di merito – prosegue Pischiutti -, è di fatto la riproposizione della vecchia Comunità Montana, con modeste funzioni sovracomunali. Come nel gioco dell’oca siamo ritornati al punto di partenza, dopo aver sprecato vent’anni di energie e risorse e non aver risolto il vero problema: la necessità di una gestione condivisa di politiche e competenze in ambiti territoriali che superino i confini dei singoli comuni. Ne va della sopravvivenza dell’intero territorio e in particolare dei piccoli Comuni”.

“Il Gemonese avrà un futuro solo se sapremo uscire dalle logiche di campanile per sviluppare una politica territoriale saggia e moderna, frutto di alleanze e partecipazione; il momento storico che stiamo attraversando sarebbe propizio per cambiare passo – conclude il consigliere di minoranza -. Spiace invece constatare che logiche della vecchia politica prevalgono ancora, compresa la possibilità di affidare la presidenza del nuovo ente ad un esterno, attribuendo così una poltroncina da presidente magari a qualche illustre riciclato o all’amico di turno”.