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Nel 2020 autorizzate quasi 100 milioni di ore di cassa integrazione in FVG

La domanda di ammortizzatori sociali in Friuli Venezia Giulia, a fine 2020, risulterà vicina alla soglia dei 100 milioni di ore, dato emblematico della portata della crisi da Covid che continua ad attanagliare l’economia e l’occupazione, in regione come nel resto del Paese. Un ricorso agli ammortizzatori che suona come un ulteriore monito sulla necessità da un lato di individuare con urgenza misure efficaci di rilancio dell’economia, dall’altro di individuare nuove misure di protezione e di sostegno ai settori colpiti in modo più grave dagli effetti dell’emergenza sanitaria, in primis turismo, commercio, ristorazione e appalti, per i quasi non si intravedono tuttora prospettive concrete di ripresa. A lanciare l’appello è il segretario regionale della Cgil Villiam Pezzetta (nella foto), «fortemente preoccupato» per l’avvicinarsi della scadenza del 31 marzo, data alla quale verranno meno, in base alla normativa attuale, gli ammortizzatori per Covid e il blocco dei licenziamenti.

LA CIG TORNA A SALIRE. Punto di partenza dell’analisi di Pezzetta i dati sulla cassa integrazione e sui fondi di integrazione salariale Inps, che a fine novembre vedevano un volume autorizzato di quasi 90 milioni di ore. «Al di là di questo volume altissimo – commenta il segretario – e che peraltro non comprende i numeri anch’essi molto elevati dell’artigianato, preoccupa la nuova tendenza al rialzo che si è manifestata a ottobre e a novembre, con una media mensile di oltre 7 milioni di ore autorizzate. Sono gli effetti di una seconda ondata particolarmente violenta nella nostra regione, e che purtroppo vedremo confermati dai dati di dicembre, per cui ci attendiamo un volume annuo vicino ai 100 milioni di ore autorizzate, valore semplicemente inconcepibile per a nostra regione prima del 2020». Se quasi il 60% delle richieste viene dall’industria, sono emblematici i valori del commercio (33 milioni di ore tra Cig e cassa), specchio di una «emergenza epocale aggravata purtroppo dalla recrudescenza dei contagi – commenta ancora Pezzetta – che non lascia intravedere prospettive di ripresa a breve scadenza».

L’OCCUPAZIONE. Più incoraggianti i segnali che vengono dal manifatturiero, dove «la tenuta dei principali comparti e soprattutto della grande industria, unita al discreto momento dell’edilizia, ha contribuito a limitare gli effetti sul tessuto economico e occupazionale», commenta ancora il numero uno della Cgil regionale, sottolineando però come i dati Istat risentano positivamente del blocco dei licenziamenti, «scaduto il quale – ammonisce Pezzetta – le ripercussioni rischiano di essere pesantissime». Significativo, infatti, che il dato del terzo trimestre veda un calo complessivo di soli 4.500 occupati rispetto allo stesso periodo del 2019, anche se la flessione nel terziario allargato, sempre nel confronto tra i due trimestri estivi, è stata di 18mila occupati, compensata però dalla crescita del manifatturiero. Anche altri indicatori, compresi quelli relativi alle denunce d’infortunio, confermano la buona ripresa registrata da alcuni settori, «non sufficienti però a compensare, soprattutto col prolungarsi dell’emergenza, il colpo pesantissimo che stanno subendo il terziario e anche parte del manifatturiero, in particolare tra le piccole e le micro-aziende». Tra i fattori che hanno favorito la tenuta occupazionale, secondo il segretario della Cgil, anche l’applicazione dei protocolli di sicurezza definiti da imprese e sindacato.

UN PATTO PER IL LAVORO. Posto che un «liberi tutti dal 1° aprile sarebbe devastante per chi lavora nei settori più colpiti», per la Cgil la priorità non è soltanto una riforma degli ammortizzatori a livello nazionale, ma anche un “patto per il lavoro” tra Regione, forze economiche e parti sociali. «Sono in atto tavoli settoriali, come quello avviato sul nuovo ddl Sviluppo Impresa, ma vanno inseriti – dichiara Pezzetta – nel contesto di un confronto a 360 gradi che coinvolga il presidente della Giunta e tutti gli assessori, per interventi coordinati che vedano un potenziamento non soltanto sul fronte degli investimenti pubblici e degli incentivi alle imprese, che vanno maggiormente legati al loro impatto occupazionale, ma anche misure specifiche volte a sostenere i lavoratori e a potenziare i percorsi di formazione e ricollocamento». Tanto a livello nazionale quanto in regione, per la Cgil, a questa emergenza non si può reagire «con provvedimenti calati dall’alto e l’idea di un uomo solo al comando, ma sulla base del confronto e della condivisione delle scelte, comprese quelle sull’organizzazione del sistema socio-sanitario, che si è fatto trovare impreparato di fronte alla sfida della seconda ondata, come dimostrano anche gli attuali dati su contagi e ricoveri, tornati sui picchi della prima metà di dicembre».

LA SCUOLA. Proprio alla luce della gravità dei dati, Pezzetta condivide le preoccupazioni sui possibili effetti della riapertura delle scuole, non senza sottolineare però «l’importanza fondamentale della socialità e delle lezioni in presenza, che bisogna cercare di preservare il più possibile». Ecco perché il segretario regionale, non senza stigmatizzare «la mancanza di coordinamento e la scollatura che torna a caratterizzare negativamente i rapporti tra Governo e Regioni», sarebbe stato più favorevole a soluzioni che, «in luogo del rinvio della riapertura delle scuole superiori, prevedessero il mantenimento di una percentuale di lezioni in presenza, sia pure più bassa di quel 50% che era stato inizialmente previsto. Questo anche in virtù del piano di potenziamento del trasporto pubblico che è stato finalmente presentato».