Sul Monte Cellon l’omaggio ai Fusilâts di Çurçuvint
di ROBERTA CANDUSSO (Acon)
“D’in su la vetta”, come recitava Leopardi nel Passero Solitario, in questo caso non di una torre antica ma di una storia vecchia esattamente di 105 anni. La cima del Monte Cellon, sopra Passo di Monte Croce Carnico, nel cuore delle Alpi Carniche, perduta e riconquistata a più riprese dall’esercito italiano e da quello austriaco durante la Grande Guerra, è stata meta del presidente del Consiglio Fvg, Piero Mauro Zanin, che ha così dato il via alle iniziative legate alla 1. Giornata regionale della restituzione dell’Onore.
In un contesto uggioso, che pareva voler compiangere anch’esso i tanti caduti in guerra il cui sangue ha tinto di rosso quelle rocce, il presidente è infatti salito in cima, a 2.238 metri di altitudine, cogliendo così l’invito dell’ex sottosegretario alla Giustizia, Franco Corleone, e dell’associazione La società della Ragione di commemorare i Fusilâts di Çurçuvint, i fucilati di Cercivento, andando su quello sperone che costò loro la vita il primo luglio 1916 per non aver voluto obbedire all’ordine di conquistarlo in condizioni troppo favorevoli per l’allora nemico austriaco, una sorta di attacco suicida, dopo che avevano suggerito inutilmente di attendere un orario più propizio e utilizzare un’attrezzatura più adatta.
“Questa è stata un’ascesa simbolica, per provare a vivere per qualche ora ciò che gli alpini hanno vissuto per mesi e mesi durante la Prima Guerra Mondiale”, ha spiegato Zanin, da sempre sostenitore delle iniziative volte a restituire l’onore in primis ai 4 alpini fucilati a Cercivento con l’accusa di ammutinamento, ma anche a tutti quei 750 soldati italiani che sono stati fucilati “per l’esempio”, come si soleva giustificare allora le decisioni assunte sommariamente dai tribunali di guerra.
“Come istituzioni, così come cittadini qualunque, abbiamo voluto portare onore a quei soldati – ha aggiunto il presidente una volta giunto alla croce eretta sul costone italo-austriaco a imperitura memoria di ciò che è stato affinché non accada mai più – quale giusto epilogo dopo oltre 100 anni. Siamo saliti fin quassù per restituire loro la giustizia negata e riallacciare quel filo che si è interrotto. Quella storia parla di umanità, di gioventù, di sacrificio e di assurdità: oggi essere qui oggi, per noi ha un valore che sentiamo profondo e non di maniera”.
Con il presidente e Corleone, anche Massimo Brianese, tesoriere della Società della Ragione, gli esperti di arrampicata Riccardo De Infanti di Ravascletto, Claudio Moro di Treppo Carnico e Matteo De Cecco di Paluzza, nonché la giornalista del Messaggero Veneto, Giacomina Pellizzari, e la troupe televisiva di Agenzia Consiglio Notizie.