Lisa Vittozzi: «Me ne hanno dette di tutti i colori, la famiglia mi ha dato conforto»
È una Lisa Vittozzi senza filtri quella che si è raccontata su The Owl Post, nel quale emergono anche i momenti difficili delle stagioni che hanno preceduto l’ultima, ricca di soddisfazioni è successi. Il sito ha la prerogativa di concedere agli sportivi di scrivere in prima persona, senza domande o interventi esterni. Il passaggio più significativo riguarda proprio quel periodo nero: «Ho avuto due anni di totale black-out e la gente me ne ha dette di tutti i colori – racconta la quattro volte medagliata ai Mondiali 2023 di biathlon -. Sono cose che ti segnano, che non riesci a dimenticare e ti restano addosso come un giudizio affrettato. Ho sentito un grande malessere nel vivere lo sport, non ero più soddisfatta, dubitavo delle mie capacità, non riuscivo più a riconoscermi. Ho avuto degli attacchi di panico, che se ci ripenso adesso mi vengono i brividi, come uno schiacciamento del petto. Come se fossi troppo tesa e mi dimenticassi di respirare. Batosta dopo batosta, avrei potuto mollare, prendermi del tempo, chiudermi. Ma qualcosa mi diceva che non sarebbe stato giusto, che era meglio soffrire fino alla fine, toccare il fondo. E quando poi l’ho toccato, alle Olimpiadi di Pechino, ho sentito come un campanellino risuonarmi nella testa: più giù non puoi andare, puoi soltanto cancellare tutto». Lisa aggiunge altri particolari su quel complicatissimo biennio: «Sono state stagioni dure e mi è successo anche di sentirmi sola, pur stando bene con me stessa ed essendo capace di isolarmi per trovare i miei equilibri. I compagni sono più che conoscenti, perché con loro condividi il dolore e non è cosa da poco. Ma sono anche meno di amici, perciò non ti puoi sempre confidare specie se, come me, ti fidi poco in generale. Nei mesi più difficili mi ha sempre dato conforto tornare a casa e ritrovare ogni volta esattamente quel che avevo lasciato: una famiglia grande, a cui importava di Lisa, e di nient’altro. Un posto dove quando capita che mi arrabbi vengo fatta ragionare, dove il mio mestiere è soltanto un mestiere. Qualcosa di bello e di divertente e anche di ammirevole, ma che non ha il potere di definirmi. Così è nata questa stagione, nella forza di chi mi conosce da sempre e nella scoperta nuova che, quando tutto crolla, c’è sempre e comunque un modo per ricostruirlo da capo». C’è spazio anche per i ricordi della Lisa bambina: «Sono cresciuta girovagando nell’albergo dei nonni, come gran parte dei miei fratelli e dei miei cugini. Una famiglia grande, sempre in movimento, come un piccolo branco di lupi, dove ognuno è capacissimo di stare per i fatti suoi, anche se siamo sempre insieme. A me piacevano il nuoto e il tennis, che erano molto più belli della scuola. E soprattutto mi piaceva da morire il calcio. Su dai prati, giù dai prati: giocavo giorno e notte, sbucciandomi le ginocchia e, cosa ben più grave, macchiando di erba i pantaloni, per la gioia della mamma. Alle altre ragazze il pallone non piaceva più di tanto e allora io giocavo soltanto con i maschi, che sono più competitivi, meno permalosi e mi hanno sempre trattato come una di loro». La sappadina non nasconde la sua timidezza: «Quando mi fanno i complimenti, non so mai cosa rispondere. Ringrazio, ma non mi dispiacerebbe schioccare le dita e sparire per ritrovarmi altrove, lontana, piccola. Non mi dispiacerebbe tornare nel “mio” per sentire di nuovo addosso l’umiltà che ho sentito per tutta la vita, quella che mi definisce». La ventottenne dei Carabinieri conclude la sua “confessione” così: «Quest’anno mi sono sentita felice, pienamente realizzata e non ho fatto nulla per nascondere le emozioni, anche quando una parte di me, la solita, non avrebbe voluto darsi il tempo di festeggiare qualcosa. Anche se continuo a non saper bene cosa rispondere quando mi fanno i complimenti, oggi sono più forte di ieri, perché ho capito che le cose che contano non sono mai state spostate».