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Cinquant’anni fa la “Settimana Carnica di Cultura”

Riceviamo da Marco Lepre e pubblichiamo.

Nel 1973 Franco Basaglia era già una personalità nota in ambito internazionale per la “rivoluzione” che stava avviando in campo psichiatrico, anche se bisognerà attendere il 1978 prima che il Parlamento approvasse la legge 180 che porta il suo nome e si giungesse alla chiusura dei manicomi. Proprio nel settembre di quel 1973, esattamente cinquant’anni fa, il professor Basaglia fu ospite di Tolmezzo, dove tenne una affollata conferenza sul tema “Alcoolismo e sottosviluppo in Carnia”, un argomento all’epoca particolarmente “scottante” alla luce dell’”Indagine” svolta da L. Massignan, direttore dell’Ospedale Psichiatrico di Udine. Lo studio di Massignan aveva evidenziato che la Carnia ed il Canal del Ferro detenevano il triste primato della più bassa percentuale di popolazione per pubblico esercizio: su una popolazione di 78.722 residenti, esistevano 726 spacci di vino, uno ogni 106 abitanti, mentre la media provinciale (Udine nel 1966 comprendeva anche Pordenone) era di 181. Questo dato era ulteriormente aggravato dalla considerazione che, a causa dei fenomeni migratori, la popolazione effettivamente presente era ancora minore ed era polarizzata nelle fasce dei primi anni di vita (i bambini non consumano alcoolici) e nella tarda maturità. 

Un dato “raggelante” fotografava la situazione: il Cividalese, che all’epoca produceva 1,73 ettolitri di vino pro-capite, ne consumava 0,74; la Carnia, che viceversa non produceva nemmeno un ettolitro, ne consumava 1,76 per abitante. L’indagine di Massignan evidenziava che nel 1966, nel Mandamento di Ampezzo, si registrava la più alta percentuale di ricoverati per alcoolismo rispetto alla popolazione: il 10,83 per mille, cifra di gran lunga superiore alla media della Provincia, che era “solo” del 4,11 per mille. Perché il carnico beveva più di tutti gli altri membri della collettività regionale? E quali le conseguenze?

  Chi invitò Basaglia a Tolmezzo a discutere del problema, riteneva che il retroterra di questo preoccupante quadro “clinico” fosse costituito dalle condizioni economiche stentate,  dall’arretratezza e dall’isolamento culturale, dall’emigrazione, dalle servitù … insomma, dal ruolo che programmi statali e regionali avevano fatto assumere alla Carnia nel secondo dopoguerra.

I problemi del nostro territorio montano, le politiche per risolverli e le prospettive future furono in effetti al centro delle iniziative all’interno delle quali era stata programmata anche la conferenza di Basaglia. Parliamo della “Settimana Carnica di Cultura”, organizzata dal Gruppo “Gli Ultimi” di Tolmezzo e dal Circolo Universitario Culturale Carnico (il CUCC), da lunedì 23 a domenica 29 settembre 1973. Altri ospiti “eccellenti”, chiamati ad animare le serate nel Salone dell’Albergo Roma e a confrontarsi su questioni particolarmente importanti, furono lo storico e giornalista Enzo Forcella e Marco Pannella, segretario del Partito Radicale.

Il primo, che aveva collaborato con il regista Francesco Rosi alla sceneggiatura del film “Le mani sulla città” e che in seguito fu uno dei fondatori del quotidiano “La Repubblica”, direttore di RAI Radio Tre e ideatore dell’ancora seguitissima rassegna stampa di “Prima Pagina”, affrontò un tema centrale nella Carnia di allora: “informazione e potere”. Il secondo, che all’ultimo momento venne sostituito da Giulio Ercolessi, protagonista delle marce per il disarmo nella nostra regione, doveva invece parlare di “alternativa democratica e antimilitarismo”.

A questi incontri si aggiunsero anche “due tavole rotonde”, con la partecipazione di esponenti di tutte le forze politiche democratiche: la prima fece il punto su “dieci anni di politica economica regionale”, la seconda aveva per tema “un programma di sviluppo per la Carnia” e vide confrontarsi quattro Consiglieri eletti nel Collegio di Tolmezzo ed il Presidente della Comunità Carnica (le Comunità Montane vennero istituite solo l’anno successivo). Il denso programma della manifestazione venne completato con una interessante conferenza di carattere storico (“1900-1925: vita politica in Carnia”), da due Mostre Fotografiche (“Tolmezzo 100 anni”, in collaborazione con la Pro Loco e “Il lavoro in Carnia nelle fotografie di Antonelli”), un opuscolo di 16 pagine, che introduceva con dati e spunti di riflessione le questioni affrontate e da un documentario/inchiesta.

Merita soffermarsi un attimo su questa opera – “Ventaglio d’Autunno. Storia del Movimento Cooperativistico in Carnia” – che fu interamente ideata e realizzata dal Gruppo “Gli Ultimi”. Si tratta di uno dei primi lavori realizzati in Italia su nastro magnetico (venne utilizzato un “video-registratore” da un quarto di pollice), ha una durata di un’ora e venti ed è diventato un “caposaldo” per chi vuole studiare o conoscere la storia di questo territorio. Parlare delle vicende delle Cooperative in Carnia significa, infatti, descrivere i tentativi e i progetti di un popolo che cerca di opporsi al sottosviluppo e allo sfruttamento e di come il Fascismo prima e le scelte dell’immediato secondo dopoguerra poi, ne compromisero l’esito. 

Oltre a riportare alla luce figure fondamentali, come quella di Riccardo Spinotti (il nonno del pluripremiato direttore della fotografia Dante Spinotti); di Vittorio Cella, direttore del complesso che comprendeva Cooperative di consumo, di lavoro, di credito e delle assicurazioni e fiero oppositore dei disegni della SADE, nel documentario è inserito “a sorpresa” anche un dibattito tra gli autori, colpiti “a caldo”, durante la preparazione del filmato, dal golpe militare in Cile, che li porta a ragionarono sugli esiti e i limiti del “riformismo”. 

Questa iniziativa non rimase un’esperienza isolata. Basterebbe ricordare, in campo editoriale, la pubblicazione del volume “La Carnia di Antonelli”, di “Cooperare per Vivere” (in cui Laura Matelda Puppini descrive la straordinaria figura di Vittorio Cella) ed, in seguito, l’uscita del periodico “Nort”, ai quali diede un fondamentale contributo anche Renato Calligaro. L’interesse per la propria storia si manifestò attraverso la riscoperta di un patrimonio fotografico nei paesi, preludio alla nascita del Coordinamento dei Circoli Culturali della Carnia e alla battaglia per la creazione di un vero Centro Culturale, purtroppo rimasta senza successo.

A distanza di cinquant’anni, la “Settimana Carnica di Cultura” rimane comunque uno dei punti più elevati di quel movimento. Il suo programma originale anticipò di molto manifestazioni oggi promosse o sostenute da istituzioni pubbliche e non sfigurerebbe certo, fatte le debite proporzioni, davanti a quello di “Pordenone Legge” o di “Vicino/Lontano” ad Udine. Eppure si effettuò in Carnia, fu interamente finanziata da due circoli culturali e resa possibile da un gruppo di giovani: Remo Cacitti, l’unico laureato all’epoca, aveva solo 25 anni, Romano Lepre 23, Tarcisio Not 22… E’ forse questo il dato più sorprendente, sul quale varrebbe la pena riflettere.

MARCO LEPRE