A Gemona arriva “Avenâl”, il documentario dedicato a Cave del Predil
Avenâl, il documentario su Cave del Predil di Anna Sandrini sarà presentato a cura della Cineteca del Friuli al Cinema Sociale di Gemona sabato 18 novembre alle ore 18.30. Introdurrà la visione l’autrice, che dopo essersi formata a Barcellona specializzandosi in cinema documentario, oggi lavora come filmmaker fra Italia e Spagna. Con lei interverranno alcuni ex minatori.
Avenâl (che in friulano significa vena d’acqua, sorgente) parte da un interesse personale, essendo legato a Cave una parte del vissuto della famiglia di Anna Sandrini, friulana di Tarvisio, ma la storia che racconta è quella di un’intera comunità, che dopo un periodo di espansione economica e di progresso legati alla presenza di una delle più importanti miniere europee di piombo e zinco, risalente all’epoca romana ma operativa dal 18° secolo fino al 1991, è stata abbandonata al proprio destino, come sempre più spesso accade nel mondo di oggi.
Cave, terra di confine o, meglio, di confini (Slovenia e Austria sono a un passo), è ormai solo lo spettro di un passato glorioso in cui si sono incrociati imperi, nazioni, popoli ed etnie. Trent’anni dopo la chiusura definitiva della miniera, le costruzioni legate all’attività estrattiva sono vuote e cadenti, quasi un simbolo dell’effimera presenza dell’uomo, cui fa da contrappunto la grandiosa e immutabile cornice del paesaggio delle Alpi Giulie. Eppure la miniera sembra ancora oggi l’unico punto fermo e lega il paese a un passato che non vuole dimenticare: i discorsi al bar, i simboli della miniera impressi nei giacconi con cui un tempo si lavorava, i volti locali che parlano di popoli uniti dalla stessa storia. Nelle gallerie – oggi eco-museo – risuona ancora l’eco del duro lavoro e i racconti dei testimoni mantengono viva la memoria.
Per Avenâl la Cineteca del Friuli ha messo a disposizione alcuni materiali d’archivio: una ventina di secondi dal documentario di Giorgio Trentin Tarvisio e soprattutto alcune clip da Raibl conca metallifera (1952) di Adolfo Pizzi, che il Museo Etnografico di Malborghetto aveva donato alla Cineteca nel 2020. Le immagini di repertorio unite alle voci e ai volti del presente riescono a dare un senso agli spazi e a disegnare un ritratto della storia umana di Cave del Predil dove, nonostante tutto, non si è ancora smesso di attendere che ci si ricordi di lei e non si è completamente persa la fiducia nel futuro. Fra le testimonianze, ex minatori, alcuni abitanti di Cave, l’antropologo e studioso di storia e cultura friulana Gianpaolo Gri e Danilo De Marco, unico fotografo ammesso all’interno della miniera all’epoca dell’occupazione del febbraio 1991: diciassette giorni nel buio delle profondità della terra nel tentativo estremo di scongiurarne la chiusura.