Tempi di attesa nella sanità, un friulano su 10 rinuncia a curarsi
La crescita delle liste di attesa per visite, esami ed interventi, l’emergenza personale che colpisce sia gli ospedali che i servizi socio-sanitari sul territorio, con oltre 1.500 dimissioni di medici e infermieri in regione negli ultimi tre anni, le lacune sul fronte della prevenzione, la carenza di medici di base, che già oggi privi di un curante di riferimento circa 50mila cittadini in provincia di Udine. Sono le grandi criticità che affliggono il servizio sanitario in regione e in provincia di Udine, al centro questa mattina dell’attivo unitario dei sindacati territoriali dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil. «Per Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilpensionati della provincia di Udine – chiedono i segretari territoriali Natalino Giacomini (Spi), Flavia Blasigh (Fnp) e Alfredo Gon (Uilp – è giunto il momento di affrontare unitariamente il dissesto organizzativo e funzionale del Servizio sanitario regionale. Visto il contesto attuale, è indispensabile intervenire, passando dalle giuste critiche che abbiamo mosso in questi anni a proposte da avanzare per riattivare un sistema le cui basi facciano riferimento al comparto pubblico con una funzione universale a garanzia di tutti i cittadini».
Nell’occasione è stato approvato un documento che contiene le proposte programmatiche dei sindacati, dal tema generale della salvaguardia del servizio sanitario pubblico a questioni più specifiche inerenti le liste di attesa, il personale, i rapporti con i Comuni e il ruolo dei distretti socio-sanitari, la carenza di medici di base, l’assistenza ad anziani e non autosufficienti, il contrasto al disagio sociale, i rapporti con i cittadini e le organizzazioni di rappresentanza.
TUTELARE IL SERVIZIO PUBBLICO L’assetto organizzativo del sistema socio-sanitario, per i sindacati pensionati, deve assicurare «la presa in carico”, la continuità assistenziale, senza dimenticare il suolo della prevenzione». Esigenze, queste, che possono trovare una risposta «solo in un assetto di servizio sanitario pubblico, inserendo quindi il ruolo del privato accreditato e convenzionato all’interno di percorsi gestiti dal servizio pubblico, con precisi riferimenti e controlli su appropriatezza e qualità.
LISTE DI ATTESA La crescita dei tempi di attesa, che continua anche dopo la fine dell’emergenza Covid, rappresenta per i sindacati pensionati uno degli aspetti più drammatici della crisi del servizio sanitario, certificato dai numeri di Agenas e da osservatori come la Fondazione Gimbe. «Secondo il monitoraggio sui Lea del ministero della Salute, il 9,8% dei cittadini del Fvg rinuncia alle cure a causa dei tempi di attesa e del basso reddito», denunciano Spi, Fnp e Uilp. «È sulla base di questa drammatica situazione che chiediamo un piano straordinario strutturale concreto, credibile e misurabile volto a riportare i dati almeno al livello del 2019. Il piano deve contenere criteri di priorità, adeguamento delle dotazioni organiche, ampliamento dei tempi di attività della diagnostica e delle sale operatorie, razionalizzando l’utilizzo delle risorse del personale e potenziando i servizi».
LISTE DI ATTESA La crescita dei tempi di attesa, che continua anche dopo la fine dell’emergenza Covid, rappresenta per i sindacati pensionati uno degli aspetti più drammatici della crisi del servizio sanitario, certificato dai numeri di Agenas e da osservatori come la Fondazione Gimbe. «Secondo il monitoraggio sui Lea del ministero della Salute, il 9,8% dei cittadini del Fvg rinuncia alle cure a causa dei tempi di attesa e del basso reddito», denunciano Spi, Fnp e Uilp. «È sulla base di questa drammatica situazione che chiediamo un piano straordinario strutturale concreto, credibile e misurabile volto a riportare i dati almeno al livello del 2019. Il piano deve contenere criteri di priorità, adeguamento delle dotazioni organiche, ampliamento dei tempi di attività della diagnostica e delle sale operatorie, razionalizzando l’utilizzo delle risorse del personale e potenziando i servizi».
PERSONALE E FINANZIAMENTO L’acquisizione di personale a gettone e l’esternalizzazione di interi servizi ospedalieri e distrettuali, per i sindacati, grava sulla spesa sanitaria regionale «con oneri ben superiori rispetto a quelli legati a un adeguamento degli organici». Da qui, e alla luce delle «1.530 dimissioni tra medici ed infermieri avvenute negli ultimi 3 anni, al netto dei pensionamenti, il 49% delle qualiin provincia di Udine», la richiesta di mettere in campo interventi «che consentano almeno di ridurre il gap che si è determinato negli ultimi anni e concedano alle Aziende sanitarie di ripristinare una funzionalità organizzativa del sistema, oggi gravemente compromessa». Quanto ai vincoli nazionali che limitano, secondo la Giunta e l’Assessorato, i margini di manovra finanziaria della Regione, per i sindacati «possono essere superati sia attraverso l’applicazione e il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza (Lea), sia utilizzando in modo trasparente e più appropriato di quanto si sta facendo l’autonomia speciale di cui è dotata la nostra Regione».
IL RUOLO DEI DISTRETTI E SINERGIE CON I COMUNI I Distretti, per Spi, Fnp e Uilp, «sono in grado di espletare, se debitamente sostenuti, le funzioni promosse dal Decreto ministeriale 77, che incarica le Regioni di istituire presidi territoriali quali le Case di comunità e le Centrali operative territoriali, e di fungere da regia del sistema sanitario anche nei rapporti con gli ospedali, i medici di base, i privati convenzionati, con le residenzialità, creando sinergie con i Servizi sociali dei Comuni, analizzando i bisogni di salute della popolazione e pianificando risposte tempestive, appropriate e a garanzia della continuità della presa in carico. «Chiediamo pertanto – scrivono i sindacati – di ripristinare quel ruolo centrale dei Distretti che oggi esiste solo sulla carta». Solo con una stretta sinergia e intesa tra l’organizzazione sanitaria e i Servizi sociali dei Comuni, inoltre, si possono affrontare le questioni dei diritti alla salute dei cittadini e delle comunità più fragili. «Va quindi rilanciato con forza – sostengono I sindacati – il percorso dei Piani di Zona, fissando obiettivi di lavoro comune tra l’Azienda sanitaria, gli Ambiti e le organizzazioni sociali attive nel territorio».Una maggiore sinergia tra Servizio sanitario e Comuni è anche la chiave strategica per affrontare le grandi sfide della de-istituzionalizzazione e dell’home care, finalizzate a supportare il più possible la vita autonoma degli anziani. Assemblee dei sindaci e altri organi di rappresentanza associate dei Comuni, inoltre, devono essere chiamate ad esprimere parere obbligatorio e vincolante sugli atti organizzativi delle Aziende sanitarie, prevedendo anche forme di consultazione e confront con I cittadini e le associazioni di rappresentanza.
MEDICINA GENERALE La gravissima carenza di medici di base, con un fabbisogno di circa 80 professionisti a livello regionale,sta privando una parte consistente di cittadini, oggi circa 50mila nella sola provincia di Udine, della principale porta di accesso alle cure primarie. «Per questo – si legge nel documento – devono essere accelerati tutti gli atti previsti dal Pnrr, in particolare quelli relativi all’organizzazione e alla dotazione di operatori. È grave però che l’assessore regionale e le stesse aziende minimizzino i disservizi adducendo argomentazioni di natura nazionale, considerando anche il fatto che il diploma di formazione in medicina generale è conseguenza di un iter normativo regionale».
IL RUOLO DEI DISTRETTI E SINERGIE CON I COMUNI I Distretti, per Spi, Fnp e Uilp, «sono in grado di espletare, se debitamente sostenuti, le funzioni promosse dal Decreto ministeriale 77, che incarica le Regioni di istituire presidi territoriali quali le Case di comunità e le Centrali operative territoriali, e di fungere da regia del sistema sanitario anche nei rapporti con gli ospedali, i medici di base, i privati convenzionati, con le residenzialità, creando sinergie con i Servizi sociali dei Comuni, analizzando i bisogni di salute della popolazione e pianificando risposte tempestive, appropriate e a garanzia della continuità della presa in carico. «Chiediamo pertanto – scrivono i sindacati – di ripristinare quel ruolo centrale dei Distretti che oggi esiste solo sulla carta». Solo con una stretta sinergia e intesa tra l’organizzazione sanitaria e i Servizi sociali dei Comuni, inoltre, si possono affrontare le questioni dei diritti alla salute dei cittadini e delle comunità più fragili. «Va quindi rilanciato con forza – sostengono I sindacati – il percorso dei Piani di Zona, fissando obiettivi di lavoro comune tra l’Azienda sanitaria, gli Ambiti e le organizzazioni sociali attive nel territorio».Una maggiore sinergia tra Servizio sanitario e Comuni è anche la chiave strategica per affrontare le grandi sfide della de-istituzionalizzazione e dell’home care, finalizzate a supportare il più possible la vita autonoma degli anziani. Assemblee dei sindaci e altri organi di rappresentanza associate dei Comuni, inoltre, devono essere chiamate ad esprimere parere obbligatorio e vincolante sugli atti organizzativi delle Aziende sanitarie, prevedendo anche forme di consultazione e confront con I cittadini e le associazioni di rappresentanza.
MEDICINA GENERALE La gravissima carenza di medici di base, con un fabbisogno di circa 80 professionisti a livello regionale,sta privando una parte consistente di cittadini, oggi circa 50mila nella sola provincia di Udine, della principale porta di accesso alle cure primarie. «Per questo – si legge nel documento – devono essere accelerati tutti gli atti previsti dal Pnrr, in particolare quelli relativi all’organizzazione e alla dotazione di operatori. È grave però che l’assessore regionale e le stesse aziende minimizzino i disservizi adducendo argomentazioni di natura nazionale, considerando anche il fatto che il diploma di formazione in medicina generale è conseguenza di un iter normativo regionale».
FRAGILITÀ E DISAGIO SOCIALE «In questi ultimi anni – secondo Spi, Fnp e Uilp – l’indebolimento e la frammentazione del welfare, oltre alla profonda crisi del sistema sanitario, hanno rallentato sensibilmente l’andamento virtuoso di un sistema che pareva garantire in concreto le condizioni necessarie a stabilizzare e ad accrescere l’aspettativa di vita e i suoi aspetti qualitativi. Per questo va chiesto un serio e approfondito confronto su alcune questioni assolutamente critiche come la promozione dell’invecchiamento attivo, la gestione domiciliare della non autosufficienza e delle demenze, l’organizzazione e la qualità delle strutture residenziali, la coerenza delle risorse destinate al Fondo per l’Autonomia Possibile, lo sviluppo di forme residenziali innovative». Ma l’emergenza sociale ed economica riguarda anche I giovani. «L’ascensore sociale – per i sindacati – non solo ha smesso di salire, ma scende e rende critica la situazione del 26% dei giovani, che sperimentano condizioni peggiorative rispetto a quelle della generazione precedente. Ma preoccupa anche la povertà ereditaria, che colpisce il 60% dei nati in famiglie bisognose, e la diffusione della povertà assoluta, una condizione in cui versa quasi il 6% delle famiglie di questa regione». Da qui, rilanciano i sindacati friulani, l’esigenza di rafforzare il presidio del welfare e di aprire nuovi canali di confronto tra la regia del sistema, i cittadini e le organizzazioni di rappresentanza.