Beppino Englaro: «Chi ha ostacolato Eluana ora ne deve rispondere»
“Potevano evitare tutto ciò che hanno combinato, ora si rendono conto, è chiaro che hanno sbagliato e ne devono rispondere”: così Beppino Englaro, padre di Eluana – morta il 9 febbraio nel 2009 a 39 anni, 17 dei quali trascorsi in stato vegetativo irreversibile – ha commentato la decisione della Corte dei Conti, che ha condannato in appello l’ex direttore generale della Sanità della Lombardia Carlo Lucchina.
La Corte ha condannato Lucchina a pagare all’erario circa 175 mila euro che la Regione aveva dovuto risarcire a Beppino Englaro, originario di Paluzza, che era stato costretto a trasferire la figlia in una struttura sanitaria in Friuli dove morì, per una “concezione personale ed etica del diritto alla salute” che spinse l’ex dg ad impedire che ad Eluana Englaro venisse interrotto il trattamento che la manteneva in stato vegetativo.
“Loro – sottolinea il padre di Eluana, che era il suo tutore – hanno ostacolato, io ho agito nella legalità, chi ha ostacolato se la vede ora. Sapevo di avere un diritto ed era chiaro che lo ostacolavano, tanto che sono dovuto uscire dalla regione. Ora sono problemi loro, io giustizia me la sono dovuta fare da me, sempre nella legalità e nella società, loro hanno commesso qualcosa che non dovevano commettere. Per me era tutto chiaro anche allora, li ho dovuti ignorare e andare per la mia strada”.
LA DECISIONE DELLA CORTE DEI CONTI
A più di 15 anni dalla morte di Eluana Englaro, avvenuta a Udine, il 9 febbraio nel 2009 a 39 anni, 17 dei quali trascorsi in stato vegetativo irreversibile dopo un gravissimo incidente stradale, la Corte dei Conti ha condannato in appello l’ex direttore generale della Sanità della Lombardia Carlo Lucchina a pagare all’erario circa 175 mila euro che la Regione aveva dovuto risarcire al padre, Beppino Englaro, che era stato costretto a trasferire la figlia in una struttura sanitaria in Friuli dove morì.
Fu una “concezione personale ed etica del diritto alla salute”, scrive la Corte dei Conti, a spingere Lucchina a impedire che ad Eluana fosse interrotto il trattamento che la manteneva in stato vegetativo.
“Non è stata un’obiezione di coscienza, ma sono state applicate le direttive arrivate anche dell’Avvocatura regionale”, ha commentato l’ex dg, che valuterà se ricorrere in Cassazione.
Nel 2008, l’anno prima della morte di Eluana, suo padre si era visto negare la possibilità di interrompere l’alimentazione artificiale che teneva in vita la figlia dal dg Lucchina, nonostante nel 2007 la Cassazione avesse stabilito che ciascun individuo può rifiutare le cure alle quali è sottoposto se le ritiene insostenibili e degradanti, e nel 2008 la Corte d’appello di Milano aveva autorizzato l’interruzione del trattamento.
Quando Beppino Englaro, in qualità di tutore, chiese la sospensione dell’alimentazione per la figlia, il dg firmò una nota che diceva che le strutture sanitarie si occupano della cura dei pazienti, il che comprende la nutrizione, e di conseguenza i sanitari che l’avessero sospesa sarebbero venuti “meno ai loro obblighi professionali”. Englaro si rivolse al Tar che accolse la sua richiesta, ma la Regione non diede corso alla sentenza e un mese dopo Eluana morì in una struttura di Udine.
Per Gilda Sportiello, deputata del M5S, è una “condanna emblematica” mentre protesta Fratelli d’Italia: Ignazio Zullo, capogruppo in commissione Sanità di Palazzo Madama, spiega che la condanna di Lucchina “fa orrore” perché “impedì che ad Eluana Englaro fosse interrotto il trattamento che la manteneva in vita, difendendo il sacro diritto a vivere”. “Sono passati quindici anni da quella drammatica vicenda e ancora non c’è una legge che regoli il fine vita”, nota il capogruppo del Pd in Regione Lombardia Pierfrancesco Majorino.