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Anche le malghe friulane possono diventare più green

In Friuli-Venezia Giulia, rispetto al resto dell’arco alpino e alla stessa media italiana, l’accesso al pascolo da parte del bestiame da latte rimane ancora molto limitato. È un fattore che oggi potrebbe penalizzare un settore che, a livello economico, rappresenta il 32% del valore aggiunto del settore primario regionale, preceduto solo dal vitivinicolo. Per sostenere un’innovazione green, che concili sia sostenibilità ambientale sia quella economica, è così nato il progetto transfrontaliero Dairy+, finanziato con fondi europei Interreg Italia-Slovenia. Partner locale è la Fondazione Agrifood Fvg (Fab Fvg) che collabora con l’Agenzia di sviluppo della Valle dell’Isonzo con sede a Tolmino, che svolge il ruolo di coordinamento. Altri soggetti coinvolti sono le Università di Lubiana e di Udine e l’Istituto zooprofilattico sperimentale Delle Venezie (Izsve), oltre alla nostra Regione e alla Camera di Commercio della Slovenia.

“Questo progetto – spiega il presidente di Fab Fvg Pier Giorgio Sturlese – propone ai piccoli caseifici rurali, in particolare quelli montani comprese malghe e casere, di passare da un modello convenzionale di produzione lineare a uno basato sull’economia circolare. C’è l’esigenza, sia da parte friulana sia da parte slovena, di aumentare la resilienza dell’allevamento bovino in montagna, specialmente da latte. Infatti, le attività di pascolo, di sfalcio dei prati e fienagione legate a questa attività rimangono strumenti indispensabili al mantenimento della biodiversità delle nostre montagne che, in alternativa, sarebbero invase dalla boscaglia, andando a mutare sia le specie botaniche sia quelle animali da sempre presenti. Si pensi ad esempio al valore dei prati per la produzione di miele e per la sopravvivenza delle api stesse”.

In quindici anni, dal 2008 al 2023, in Italia il numero di capi bovini con accesso al pascolo è passato da 3,6 a 8,8 per cento, sia per una convenienza economica che per un maggiore benessere degli animali e qualità delle produzioni. Così non è stato in Friuli-Venezia Giulia, dove invece la crescita è stata molto limitata, passando dal 5 al 6,5 per cento. Scenario ben diverso dagli allevamenti sloveni, in particolare nella Valle dell’Isonzo e del Canin, che già utilizzano un modello aziendale sostenibile che si basa essenzialmente sul pascolo. Il progetto Dairy+ così vuole essere anche l’occasione per uno scambio di esperienze e buone pratiche tra gli allevatori e i produttori transfrontalieri.

“Il nostro progetto – conclude Sturlese – non sarà solo interessante per la creazione di valore, ma anche per capire se il modello applicato pochi chilometri oltre il confine possa essere utile a supportare non solo l’economia agricola regionale, ma anche un valido strumento nella manutenzione del territorio”.

Tra le soluzioni tecniche allo studio, quelle per valorizzare anche quei sottoprodotti della caseificazione, come il siero e il latticello, nella produzione di alimenti sia tradizionali sia innovativi al fine di renderli materie alla base di alimenti tradizionali, come le ricotte, o di nuova generazione, come i probiotici.