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Perplessità dell’Ordine dei medici della provincia di Udine sulla Case di comunità

Era stata l’emergenza pandemica a ridisegnare le necessità delle risposte sanitarie negli ospedali e sul territorio. Grazie a fondi del Pnrr è stato dato avvio, tra gli altri, alla costituzione delle Case di comunità, una sorta di struttura intermedia tra ospedale e territorio. Oggi queste Case stanno prendendo forma, come riporta anche l’ultimo Piano attuativo di Asufc. I lavori sono in corso a Tolmezzo, Gemona del Friuli, San Daniele del Friuli, Cividale del Friuli, dove, per altro, si tratta di un intervento importante che ricomprende CoT (centro operativo territoriale), Casa di comunità e Ospedale di comunità. Altre sedi riguardano Tarvisio, Codroipo, anche in quest’ultimo caso l’intervento comprende CdC, CoT, OdC e interventi complementari (questi ultimi non finanziati con i fondi PNRR). La lista comprende anche Latisana, Cervignano del Friuli, Tarcento e, infine, Udine.

“L’istituzione di queste strutture è stata dettata in era pandemica – ricorda la presidente dell’Ordine dei Medici, Chirurghi e Odontoiatri di Udine, Anna Maria Bergamin – si tratta di realtà che possono aiutare a sgravare gli ospedali dal grande carico di lavoro che oggi si trovano ad affrontare, soprattutto per la carenza di personale. I dubbi, o meglio le nostre perplessità, nascono proprio da qui: le Case di comunità andranno riempite di personale. Da dove arriverà?. Serviranno medici e infermieri che non arrivano solo dal territorio, ma anche dagli ospedali che già si trovano in difficoltà. Inoltre – prosegue la presidente – per quanto si tratti di personale qualificato e preparato, deve comunque essere formato per operare all’interno di queste realtà. Come Ordine ci domandiamo se sia stata pianificato questo passaggio e se sia stato preso in considerazione il fatto che si possa rischiare di togliere risorse umane dagli ospedali per destinarle alle Case di comunità”. Quello della Presidente Bergamin è soprattutto un quesito rivolto alla Regione, “senza alcuna polemica. Vogliamo solamente essere certi che venga preservato il corretto equilibrio, già precario, del numero di operatori necessari per il buon funzionamento di tutte le strutture sanitarie, comprese quelle territoriali. Naturalmente – conclude Bergamin – siamo sempre a disposizione per dialogare e collaborare per migliorare il nostro sistema sanitario”.

(nella foto Anna Maria Bergamin)