Il Museo Gortani e le artigiane del progetto “Scarpetti” protagonisti a Villa Manin
Si è svolto giovedì 13 marzo a Villa Manin il workshop “Borderless: Memory is the Future” realizzato in collaborazione con il Museo Carnico “Michele Gortani” di Tolmezzo nell’ambito di “ITS Residency 2025”, la residenza creativa (elemento fondamentale dell’esperienza di ITS Contest, la piattaforma fondata nel 2002 da Barbara Franchin) che fino al 19 marzo vede, tra le altre esperienze, dieci giovani talenti del design internazionale immergersi nelle tradizioni artigianali del Friuli Venezia Giulia.
Anna Rita Belluzzo, Annamaria Contento, Elisa Mainardis, Flecia Pugnetti e Isabella Unterberger (cinque artigiane formate nell’ambito del progetto “Scarpetti”, che oggi è anche un marchio di certificazione del quale è titolare e garante proprio il Museo Carnico) hanno ricoperto un ruolo centrale nel corso della giornata di formazione, guidando come tutor i creativi provenienti da Cina, Germania, Francia, Belgio, Regno Unito, attraverso un percorso di scoperta e sperimentazione dedicato alle tecniche di antica memoria della manifattura degli originali scarpets carnici. Una calzatura fatta a mano, che parla di cura, ingegno, dettaglio e sostenibilità. Grazie alla loro esperienza e alla loro passione, che le porta a lavorare non solo con ago e filo ma con impegno e dedizione, le tutor hanno offerto ai giovani talentuosi designer l’opportunità di confrontarsi con un saper fare tramandato di generazione in generazione nel territorio regionale della Carnia.
L’incontro tra i designer emergenti e le artigiane ha dato vita a nuove visioni di prodotto, in cui il manufatto tradizionale si è arricchito di sperimentazioni innovative, mantenendo intatta la sua essenza e la tecnica di lavorazione.
Flecia Pugnetti ha supportato i creativi Macy Grimshaw (FR) e Patrick Taylor (UK). Grimshaw ha riletto con un tocco audace l’eleganza senza tempo di Roberto Capucci. L’abito scelto dall’archivio custodito a Villa Manin è diventato il punto di partenza per un esercizio di stile che celebra la sperimentazione tessile. La designer francese ha intrecciato nastri di raso multicolor per dare vita a un tessuto inedito, vibrante e strutturato.
La maglieria si è fatta struttura e comfort nelle mani di Patrick Taylor, designer che, anche per il suo scarpet, esplora le infinite potenzialità del knitwear. Taylor ha scelto una tomaia in maglia grigia, su cui ha scolpito una raffinata texture Ottoman, giocando con rilievi e tridimensionalità. L’imbottitura aggiunge un ulteriore layer sensoriale, offrendo una sensazione di avvolgente morbidezza. Il risultato? Uno scarpet dal mood sportivo, rilassato, ma intriso di quell’estetica cozy-chic che ridefinisce i codici del comfort contemporaneo.
Con Isabella Unterberger hanno lavorato i designer cinesi Qianhan Liu e Zhuen Cai. L’arte dell’imperfetto è diventata il fulcro della ricerca stilistica di Qianhan Liu, che firma uno scarpet dal fascino autentico. La designer ha esplorato il valore dell’artigianalità attraverso un patchwork di tessuti diversi, accostati con maestria per creare un’armonia inaspettata. Il risultato è un gioco di contrasti che trasforma l’irregolarità in un linguaggio estetico raffinato. Un manifesto di bellezza non convenzionale, dove il gesto manuale e la spontaneità della creazione diventano elementi identitari. Leggero come un respiro, impalpabile come un’eco nel vento, Zhuen Cai ha catturato l’essenza del movimento in uno scarpet che sembra librarsi nello spazio con grazia quasi ultraterrena. La tomaia è ispirata alla trama di un tessuto tradizionale cinese, mentre le frange, fluide e sinuose, infondono ritmo e dinamismo. A ogni passo, il design si anima in una danza armoniosa tra il corpo e l’aria, trasformando la calzatura in una dichiarazione di libertà e leggerezza assoluta.
Anna Rita Belluzzo ha lavorato con la designer francese Naya El Ahdab e il cinese Yifan Yu. Per Naya El Ahdab, il design non è solo estetica, ma una questione di benessere. La giovane creativa ha reinterpretato lo scarpet attraverso un dialogo tra forma e sensazione, trasformandolo in un abbraccio caldo e avvolgente. La lana, materiale iconico del comfort, diventa il fil rouge della sua visione: imbottisce la suola, arricchisce la tomaia con dettagli soffici e scolpisce la silhouette in una versione inedita che si estende fino al ginocchio. I lacci interni, studiati per adattarsi a ogni corpo, aggiungono un tocco di funzionalità sartoriale. Yifan Yu ha riavvolto il filo del tempo, riportando la calzatura alle sue radici più arcaiche. Il suo scarpet è un omaggio alle prime forme di protezione del piede, quando l’uomo primitivo intrecciava pelle, corteccia e fibre vegetali per affrontare il mondo. La sua visione si è tradotta in una costruzione sofisticata su due livelli: uno strato esterno in velluto, morbido e avvolgente, che abbraccia il piede come un guscio protettivo; e una struttura interna, più rigida e tradizionale, arricchita da inserti in pelle snake. Un dettaglio che non è solo estetico, ma un tributo all’Anno del Serpente, simbolo di saggezza, trasformazione e rinnovamento.
Hanno ricevuto il supporto di Annamaria Contento i designer Maximilian Raynor dal Regno Unito e Mijoda Dajomi dalla Germania. Raynor ha firmato lo scarpet con la sua cifra stilistica inconfondibile, riconoscibile anche nella collezione creata per ITS Contest. Per il suo scarpet, il designer ha scelto un tessuto ricercato su cui ha applicato i suoi caratteristici tagli, evocando l’eleganza impalpabile delle piume. Il risultato è un pezzo funny chic dal carattere sofisticato, con un tocco di raffinata irriverenza. In un’epoca in cui le scarpe escono dalle fabbriche impeccabili e seriali, Mijoda Dajomi ha ribaltato la narrazione, esaltando la bellezza dell’artigianalità e dell’unicità. Il suo scarpet diventa un manifesto di autenticità: la lavorazione irregolare si traduce in forme fluide, mentre il tallone rinforzato con un punto a zig-zag, una piccola licenza creativa rispetto alla tradizione, scolpisce la silhouette con un tocco inaspettato.
Infine, Elisa Mainardis ha supportato le creative Gabrielle Szwarcenberg, dal Belgio, e Cindy Zhaohan, dalla Cina. Lo scarpet di Szwarcenberg è come un frammento d’estate, di sole e di mare. La designer ha scelto un materiale non convenzionale per la tomaia, trasformando una vera vela nautica in un pezzo di design. Ogni dettaglio della vela è stato preservato con cura. A incorniciare la struttura, un orlo in canapa, robusta e versatile. Il risultato? Un perfetto incontro tra estetica marinaresca e innovazione materica. Cindy Zhaohan ha riscritto le regole dell’equilibrio estetico, trasformando l’asimmetria in un codice stilistico sofisticato e innovativo. Il suo scarpet diventa un esercizio di costruzione sartoriale, in cui la tomaia si sviluppa attraverso un gioco di pieni e vuoti, luci e ombre, superfici tese e pieghe morbide. Il tessuto si muove in un dialogo tra dettagli positivi e negativi.
I manufatti entreranno a far parte della Collezione di ITS Arcademy – Museum of Art in Fashion.
«Bello vedere come questi giovani e promettenti talenti internazionali della moda si confrontino con l’arte antica della realizzazione degli originali scarpets carnici, che il Museo Carnico, insieme ai partner del progetto “Scarpetti. I Scarpets de Cjargne”, sta preservando, valorizzando e mettendo al centro di un percorso di sviluppo di nuova imprenditorialità – ha dichiarato la presidente della Fondazione Museo Carnico delle Arti Popolari Michele Gortani Aurelia Bubisutti, che ha incontrato a Villa Manin i designer – . Un’azione ispirata proprio dall’attenzione di Michele Gortani, profondamente convinto che l’artigianato fosse vitale per il tessuto economico della montagna, capace di tenere in vita piccole aziende valorizzando l’iniziativa individuale e garantendo l’originalità delle produzioni che si legano alla storia e al territorio».