Progetto Pramollo, serve un’idea di sviluppo diversa per la montagna friulana
A proposito del progetto della funivia del Pramollo, Legambiente, il CAI e Mountain Wilderness hanno a suo tempo espresso la loro opinione alla presidente della Regione Debora Serracchiani attraverso una nota nella quale riconfermano la loro preoccupazione sottolineando alcuni punti, che proponiamo:
– la funivia, le piste, i sistemi logistici e tecnologici di supporto impattano su un’area di rilevante interesse ambientale, uno scrigno di biodiversità (sono presenti 2 siti di importanza comunitaria, una zona di protezione speciale e 2 IBA, “important bird areas” e un biotopo regionale);
– le politiche incentrate sui poli turistici invernali nell’ultimo decennio si sono dimostrate dispendiose e inefficaci per l’economia di chi vive in montagna. Ciò è confermato dal fatto che le località che hanno beneficiato di investimenti in piste ed impianti di risalita hanno segnato un decremento demografico superiore alla media dei Comuni della montagna (vedi Tarvisio, Ravascletto e Chiusaforte);
– la realizzazione del progetto Pramollo, esercitando una forte e inevitabile concorrenza sugli altri poli sciistici regionali, già in affanno, costituisce un’ulteriore criticità per la gestione di un’economia turistica che abbia ricadute concrete e durature nella comunità, la quale difficilmente verrà compensata da nuovi flussi provenienti da est o da altre regioni italiane;
– già in passato l’espressione della contrarietà delle associazioni è stata espressa e le osservazioni per la costruzione della nuova viabilità verso Pramollo non sono state ascoltate, tanto che la galleria costruita in siti geologicamente sensibili è poi franata ed è ormai irrecuperabile;
– il sito e i cambiamenti climatici in atto richiedono una profonda rivisitazione delle tradizionali politiche turistiche; le aree montane saranno maggiormente esposte agli effetti già evidenti di tali cambiamenti;
– in questo quadro anche la sostenibilità economica del progetto nel tempo non pare dimostrabile, a fronte di un investimento di tale importanza e con la consapevole certezza dei costi crescenti di esercizio (riduzione della stagione sciistica, maggiori costi per l’innevamento artificiale, eccetera).
Le associazioni concordano invece con la Regione sul fatto che Pontebba e le comunità limitrofe debbano essere sostenute, anche a titolo di risarcimento, per la pesante infrastrutturazione subita dal territorio dopo il terremoto nonché per gli effetti della dismissione dei servizi (caserme, dogana, stazione…), che ha portato al dimezzamento della popolazione. “Lo stesso iter ventennale del progetto per Pramollo non ha certo favorito la ricerca di soluzioni alternative a favore di uno sviluppo sostenibile e integrato per la valle”, concludono le associazioni, le quali chiedono inoltre che la Regione si faccia carico di individuare soluzione per il riuso ovvero per lo smantellamento degli impianti già dismessi e abbandonati e redigere il piano di adattamento ai cambiamenti climatici, declinandolo nei settori più esposti quali l’agricoltura, la montagna e lo sci, il dissesto idrogeologico, le acque, la qualità ambientale dei centri urbani, perché “i mega centri commerciali e nuovi impianti sciistici, sono esempi che guardano al passato”.