Metalmeccanico in Fvg, l’Automotive di Tolmezzo presa ad esempio
Luci ed ombre per la metalmeccanica del Friuli Venezia Giulia. La fotografia è quella scattata dalla Fim Cisl regionale, venerdì riunita a Tricesimo per celebrare il suo 12° congresso, alla presenza del segretario generale Cisl Fvg, Giovanni Fania e della nazionale Roberta Roncone.
Molte sono le aziende del territorio che lentamente stanno uscendo dalla crisi, ma permangono situazioni di estrema
difficoltà, aggravate dal quadro internazionale di riferimento e dalla concorrenza praticata sui prezzi e giocata dai Paesi soprattutto dell’est asiatico. Soltanto tra le aziende delle province di Udine e Pordenone, sono, infatti, circa 2mila i lavoratori sotto ammortizzatore sociale.
“E’ ormai chiaro che le vecchie regole del lavoro non vanno più bene” – commenta, alludendo anche al costo del lavoro, il segretario generale di categoria, Sergio Drescig, riconfermato alla guida delle tute blu cisline (attualmente oltre 9mila100, costantemente in crescita). “Serve un vero cambio di rotta ben oltre un semplice rinnovo di un testo contrattuale: sono i dati di realtà a dircelo”. Per Drescig siamo di fronte ad una situazione “realmente straordinaria”, caratterizzata da profonde trasformazioni geopoliche e demografiche, che si sommano a innovazione tecnologiche che stanno rapidamente espandendo il ruolo dell’automazione e della digitalizzazione all’interno delle fabbriche. “Il rischio sempre più probabile è quello di tornare lentamente ai livelli produttivi pre-crisi, senza, però, un parallelo recupero dei posti di lavoro, sostituiti da macchinari più moderni in grado di svolgere le mansioni esecutive e routinarie fino ad oggi degli operai”.
Di qui, la necessità di assumere posizioni davvero “nuove e coraggiose”, capaci di invertire le logiche del passato e cambiare mentalità di gestione delle relazioni industriali. A partire – per la Fim Cisl Fvg – dal trinomio produttività-formazione-partecipazione. “La disponibilità ad aumenti salariali legati alla produttività da parte dei lavoratori (come già accaduto in diverse aziende della regione) va bene, ma può essere realistica solo se si andrà verso modelli partecipativi di gestione dell’impresa e verso la formazione assicurata dall’azienda: questo per far sì che l’aumento di produttività non sia dato unicamente dall’aumento delle attività e del carico di lavoro, ma da una vera innovazione dei processi produttivi e dei mestieri necessari a governare il cambiamento in atto. In tutto questa una partita fondamentale deve essere giocata dalla contrattazione decentrata”.