Mattarella grazia il preside friulano Livio Bearzi, condannato per il crollo de L’Aquila
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha concesso la grazia sulla pena accessoria al dirigente scolastico friulano Livio Bearzi. Il provvedimento ha condonato l’interdizione dai pubblici uffici che gli era stata applicata a seguito della condanna per il crollo del Convitto scolastico de L’Aquila, in cui morirono alcuni studenti durante il terremoto del 2009.
“Sono estremamente felice e desidero ringraziare tutti coloro i quali, a vario titolo e in diverso modo, mi sono stati accanto e hanno sostenuto la richiesta di grazia”. Lo ha dichiarato il dirigente scolastico friulano Livio Bearzi, non appena ricevuta notizia della grazia integrale sulla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici accordatagli dal Presidente della Repubblica. Nella lista dei ringraziamenti di Bearzi, oltre al Presidente Mattarella, ci sono anche “il Ministro della Giustizia, parlamentari ed ex parlamentari del FVG, il Consiglio Regionale del FVG ma anche dell’Abruzzo e sindaci della nostra regione, i presidi di tutta Italia, l’Associazione Nazionale Presidi, il mondo della scuola gli amici abruzzesi e friulani e le migliaia di persone che hanno attestato la loro sensibilità attraverso il loro appoggio alla domanda di grazia”. Senza dimenticare “la mia famiglia e gli amici più cari, tra i quali il dottor Paolo Giorgiutti, e infine il mio avvocato di fiducia, Stefano Buonocore”, ha concluso.
Soddisfatto anche il legale che ha assistito Bearzi in tutta la fase esecutiva della pena, e con cui “si è creato un rapporto che va oltre le relazioni professionali. Sono estremamente soddisfatto del risultato ottenuto – ha aggiunto Buonocore – perché questa decisione rappresenta quanto abbiamo sempre pensato e sostenuto: il professor Bearzi è un bravissimo preside e deve rientrare nella scuola, perché il contributo che può dare è grandissimo. Con questo provvedimento di clemenza il mio assistito potrà a breve fare ritorno nel mondo scolastico e so quanto ci tenesse. Se penso da dove siamo partiti, a quel giorno del 2015 quando ci siamo conosciuti in carcere, dopo la sua condanna definitiva, in quel momento non osavamo nemmeno pensare che il percorso, dopo l’affidamento in prova che ci sembrava già difficile, si potesse concludere in questo modo. Quello che all’epoca mi colpì già con la stretta di mano, e che mi è rimasto impresso come fosse ieri, fu ciò che non mi sarei mai aspettato: un uomo, nonostante tutto, pieno di speranza”, ha concluso.