Al Mulino Cocconi di Gemona la sede dell’Associazione Produttori Antichi Mais Friulani
Da alcuni mesi si è costituita l’Associazione Produttori Antichi Mais Friulani con sede presso il Mulino Cocconi a Gemona, sostenuta dall’Ecomuseo delle Acque del Gemonese, che ha svolto un ruolo fondamentale, in virtù del progetto di recupero del mais cinquantino finalizzato alla riproposizione della filiera del pan di sorc. L’associazione opera per la valorizzazione delle vecchie varietà di mais a libera impollinazione in regime di certificazione biologica, creando sinergie e condividendo saperi. Numerosi gli obiettivi che si propone di raggiungere, tra questi: avviare collaborazioni con l’Università di Udine e l’Ersa, anche per “caratterizzare” le varietà di mais tradizionali coltivati in Friuli; conservare in purezza queste varietà definendo specifici disciplinari di produzione e tutela; promuovere campagne informative.
È in fase di definizione un marchio di tutela/qualità che garantisca gli associati e dia un’immagine coordinata e riconoscibile ai loro prodotti. Tra le antiche cultivar che i “contadini custodi” continuano a coltivare ci sono il quarantino, il cinquantino, la socchievina, il resiano, il rosso di Aquileia, il pignoletto, il dente di cavallo, il bianco perla friulano, i nostrani carnici. Il prossimo fine settimana alcuni rappresentanti dell’Associazione Produttori Antichi Mais Friulani saranno a Bergamo per partecipare a un incontro di Slow Mays, rete nazionale di antichi mais promossa da Slow Food Italia, di cui l’associazione friulana fa parte.
“Slow Mays si prefigge di valorizzare le piccole comunità del cibo italiane che continuano a produrre, non solo nelle aree marginali, mais tradizionali legati alla loro cultura alimentare. Mettere in rete queste esperienze, riconoscere il ruolo ecologico e il giusto valore anche economico a queste coltivazioni, costituisce l’azione primaria di tutela del territorio e della cultura agricola e risulta un efficace incentivo per riprendere a coltivare mais per l’alimentazione umana (…). La condivisione di buone pratiche e conoscenze, di risorse e progetti, di aspettative e visioni garantisce un futuro per l’agricoltura di piccola scala. L’apertura a nuovi soggetti e comunità è un valore fondante della rete. Condividere le esperienze volte al recupero e alla salvaguardia delle varietà ad impollinazione libera è un’azione concreta di tutela della biodiversità (…). Il fine è quello di tracciare un percorso di lavoro concreto e inclusivo per la produzione di un cibo quotidiano buono, pulito e giusto per tutti”. (dal Manifesto di Slow Mays)