Battuta d’arresto per la fase di ripresa dell’occupazione in Fvg
Nei primi mesi del 2018 la fase di ripresa dell’occupazione che aveva caratterizzato l’ultimo triennio sembra avere subito, almeno momentaneamente, una battuta d’arresto in Friuli Venezia Giulia. Lo rileva il ricercatore dell’Ires Fvg Alessandro Russo analizzando dati Istat e Inps su assunzioni e cessazioni.
Nel primo trimestre, secondo le stime dell’Istat, il numero di occupati si è attestato a 499.100 unità, un valore inferiore a quelli dei nove mesi precedenti e analogo a quello registrato nello stesso periodo dell’anno scorso. Si può comunque osservare una diminuzione concentrata nell’ambito del lavoro indipendente (-7.200 occupati rispetto al primo trimestre 2017), mentre quello subordinato continua a crescere (+7.400 unità). Si ricorda che tra i lavoratori indipendenti sono compresi: gli imprenditori, i liberi professionisti, i lavoratori in proprio (commercianti, artigiani e agricoltori), i coadiuvanti familiari, i soci delle cooperative e i collaboratori.
Nel primo trimestre 2018 sono quasi raddoppiate le assunzioni con il contratto di lavoro intermittente
Nei primi tre mesi di quest’anno i nuovi rapporti di lavoro dipendente attivati in regione nel settore privato (esclusa l’agricoltura) sono in effetti aumentati del 20% rispetto allo stesso periodo del 2017 (oltre 6.200 assunzioni in più). Sono in crescita tutte le tipologie, anche se in termini percentuali le nuove assunzioni con contratto di lavoro intermittente presentano la variazione più sostenuta (sono quasi raddoppiate, +80,9%, pari a +1.261). Tale dinamica, secondo Russo, può essere messa in relazione all’abolizione dei voucher per retribuire le prestazioni occasionali, avvenuta a marzo dello scorso anno; anche il lavoro intermittente viene utilizzato prevalentemente nel commercio e nel settore alberghiero e della ristorazione e riguarda soprattutto i giovani. Si tratta di una tipologia contrattuale mediante la quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgerla in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno. Sempre nel confronto con il primo trimestre 2017 si può evidenziare che in valore assoluto sono aumentate soprattutto le assunzioni a termine (2.161 in più, +17,7%), ma anche quelle a tempo indeterminato mostrano un incremento significativo (1.018 in più, +24,5%). Quest’ultima dinamica positiva non può essere spiegata solo con gli sgravi contributivi previsti per le assunzioni dei giovani under 35, che sono state 228 nei primi tre mesi di quest’anno su un totale di oltre 5.000 nuovi rapporti a tempo indeterminato. Nel confronto con le altre regioni italiane, nel primo trimestre 2018 il Fvg risulta al terzo posto per crescita delle nuove assunzioni a tempo indeterminato, dopo Umbria (+27,4%) e Veneto (+27,3%).
I nuovi rapporti di lavoro occasionale
Le prestazioni di lavoro occasionale introdotte nel corso del 2017 presentano due distinte modalità: il Contratto di Prestazione Occasionale, utilizzabile da imprenditori, professionisti, lavoratori autonomi e altre categorie di datori di lavoro con non più di cinque dipendenti a tempo indeterminato; il Libretto Famiglia, riservato ai datori di lavoro persone fisiche, non nell’esercizio dell’attività professionale o d’impresa. Si può ricordare che in pochi anni si era registrata una crescita esponenziale del ricorso ai voucher, tanto che nella nostra regione nel 2016 avevano riguardato oltre 63.000 lavoratori per un totale di circa 6 milioni di buoni venduti, corrispondenti ad un valore di 60 milioni di euro lordi. Con l’abolizione e la successiva reintroduzione accompagnata da importanti limitazioni, il ricorso al lavoro occasionale risulta molto meno intenso; nei nove mesi che vanno da luglio 2017 a marzo 2018 l’importo lordo totale in Fvg ha superato di poco i 2,8 milioni, sommando le due tipologie ricordate (2,1 milioni per le imprese e 700.000 euro per il Libretto Famiglia).
Le nuove assunzioni a tempo indeterminato
I rapporti di lavoro a tempo indeterminato hanno avuto un forte impulso nel 2015, grazie alla possibilità per le imprese di usufruire di forti sgravi contributivi; negli anni successivi questa decisa crescita è stata solo in parte intaccata. Se si considerano le variazioni nette dei contratti a tempo indeterminato (assunzioni più trasformazioni di altre tipologie contrattuali meno le cessazioni) il saldo da inizio 2015 a marzo 2018 rimane ancora ampiamente positivo e pari a oltre 13.550 unità in regione. Data la contemporanea esplosione delle altre tipologie contrattuali a termine, dopo il 2015 l’incidenza delle nuove assunzioni a tempo indeterminato sul totale dei nuovi rapporti di lavoro risulta però in rapido calo, così come sul totale degli occupati. In base ai dati Istat, infatti, gli occupati permanenti sono passati da quasi l’88% dei dipendenti nel 2015 all’84,6% nel 2017.
L’esame delle sole nuove assunzioni a tempo indeterminato permette di osservare che l’incremento del primo trimestre 2018 si è concentrato nei rapporti a tempo pieno (+41,8% rispetto al primo trimestre 2017, mentre il numero di quelli part time è rimasto invariato) e ha riguardato soprattutto i lavoratori maschi (+31,2% contro +14,4% delle femmine) con la cittadinanza italiana (+27,6% contro +16,3% degli stranieri). Si può anche osservare che la metà delle nuove assunzioni a tempo indeterminato è stata effettuata da aziende fino a 15 dipendenti (2.533 su 5.179, contro le 2.039 del primo trimestre 2017, +24,2%); inoltre si osserva un aumento particolarmente sostenuto nel manifatturiero (+522 unità, pari a +42,4%).
I motivi delle cessazioni dei rapporti a tempo indeterminato
Negli ultimi anni si può rilevare un netto aumento delle interruzioni dei contratti per dimissioni dei lavoratori, che riguardano ormai oltre il 60% delle cessazioni dei rapporti a tempo indeterminato in regione. A seguire si trovano i licenziamenti di natura economica, in calo nel tempo (erano pari al 40% nel 2014, nel 2017 sono scesi sotto il 25% del totale), che comprendono quelli avvenuti per giustificato motivo oggettivo, licenziamento collettivo, per esodo incentivato, cambio appalto o interruzione di rapporti di lavoro nel settore edile per completamento dell’attività e chiusura di cantiere. Sono infine meno numerosi ma in aumento i licenziamenti di natura disciplinare, che includono quelli per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, passati dal 2,5% del totale nel 2014 a oltre il 4% negli ultimi anni (nel 2017 sono stati quasi 1.200).