Caporalato, 1000 lavoratori irregolari e 59 denunce nel Nord Italia
La Guardia di Finanza di Pordenone ha concluso le indagini di Polizia Giudiziaria delegate dalla Procura della Repubblica alla sede che hanno permesso di rilevare una fenomenologia criminale per volumi, dimensioni geografiche e soggetti coinvolti di assoluto spessore e pericolosità sociale.
Si tratta, in particolare, di condotte collegate a fattispecie di intermediazione illecita di manodopera (cosiddetto “caporalato”) nel settore manifatturiero/industriale, di emissione di fatture per operazioni inesistenti e di riciclaggio per la quale è stata, anche, rilevata l’esistenza di una associazione per delinquere la cui principale figura con funzione di promotore, coordinatore ed esecutore era un soggetto residente nella provincia di
Pordenone, attivo in ambito pluriennale in attività criminose nonché già destinatario di plurime condanne e denunce per reati economico/finanziari.
Nel corso dell’attività operativa è stato rilevato il ricorso a dissimulati rapporti di appalto/subappalto con società aventi minimo capitale sociale, esistenti più su un piano formale che sostanziale e intestate a “prestanomi”, sulle quali venivano fatti convergere gli obblighi fiscali e contributivi della manodopera impiegata che appariva quindi, sul piano “formale”, assunta e dipendente da tali imprese anziché da quelle realmente fruitrici.
I rapporti commerciali tra committenti e società appaltatrici erano, pertanto, concepiti al solo scopo di “interporsi” tra il personale e le aziende presso le quali lo stesso prestava effettivo lavoro, tanto che le fatture emesse, palesando questa artefatta realtà, giustificavano il costo per il mero impiego della manodopera facendola ricondurre a fittizie prestazioni di servizio.
In buona sostanza si ricorreva a soggetti giuridici “di comodo” usati come meri “contenitori” della forza lavoro che veniva strumentalmente allocata – in contesti evasivi – mediante la dissimulazione di contratti attestanti appalti per inesistenti “prestazioni di servizio” in luogo alla reale “fornitura di manodopera”.
In tale ambito:
– i lavoratori, per lo più appartenenti a contesti cosiddetti “deboli”, ovvero immigrazione esterna (Slovenia, Romania, Repubblica Ceca, Slovacca, ecc.) e/o interna (regioni del Meridione d’Italia), risultavano occupati senza provvedere (o ottemperando parzialmente) agli obblighi fiscali, previdenziali, assicurativi e giuslavorativi;
– le società effettivamente utilizzatrici della manodopera evitavano gli oneri previdenziali e assistenziali connessi alla stipula del contratto di lavoro e potevano indebitamente detrarre l’Iva esposta nelle fatture dalla società appaltatrice;
– le società che fornivano i lavoratori venivano dopo breve periodo messe in liquidazione o lasciate inattive e quindi sostituite con altre dalle medesime caratteristiche cui veniva fatta convergere la prosecuzione delle attività criminose.
Le indagini. condotte dalla Guardia di Finanza di Spilimbergo. hanno consentito di individuare 13 società attive nella fornitura di manodopera tutte aventi strumentalmente la sede legale nella provincia di Sassari malgrado nessuno delle centinaia di lavoratori impiegati o delle decine di aziende utilizzatrici degli stessi manifestasse una concreta presenza o interessi economici in Sardegna.
Per contro i lavoratori venivano occupati in 37 aziende, con sede nelle provincie di Venezia, Brescia, Padova, Treviso, Vicenza, Bergamo, Modena, Pavia e Milano (i cui rappresentanti legali sono ora indagati).
Per tali attività illecite risultano indagate dalla Procura della Repubblica di Pordenone complessivamente 59 persone, delle quali 4 per associazione a delinquere, 48 per reati tributari e 7 per reati di riciclaggio, questi ultimi in relazione ad attività distrattive, per circa 700.000 euro, effettuate sui conti correnti societari operate per il tramite di carte prepagate e vaglia postali.
Sono state, inoltre, complessivamente individuate 1.057 posizioni lavorative collegate a impieghi illegali di manodopera, per le quali sono state rilevate plurime violazioni alle normative fiscali, previdenziali, assicurative e giuslavorative nonché l’emissione di fatture per operazioni inesistenti per circa 21 milioni di euro a queste correlate.
Il Giudice delle Indagini Preliminari di Pordenone, su richiesta della Procura della Repubblica, ha disposto un sequestro per equivalente per l’importo di 3.978.000 euro nei confronti del soggetto promotore delle illecite attività, la cui esecuzione ha consentito di sequestrare due immobili di pregio, disponibilità finanziarie e due autovetture (una Porsche 911 versione 993 e una BMW 650i).
Nel corso di una perquisizione domiciliare effettuate nel Pordenonese nei confronti della stessa persona, sono stati infine sequestrati 55.000 euro in contanti (in gran parte in banconote da 500 e 200 euro) occultate sotto il ripiano di una scrivania.