Confartigianato FVG tira le somme del 2020, sono 262 le aziende che hanno chiuso
È tempo di bilanci definitivi sulla vita delle aziende artigiane del Friuli Venezia Giulia nel 2020, l’anno dell’esplosione del Covid 19: il saldo è negativo, con 180 imprese in meno, pari allo 0,65% delle 27.567 che restano attive. Erano 28.041 a fine 2018, il che significa che in due anni il mondo artigiano regionale ha perso 473 imprese. Va peggio per il resto del sistema imprenditoriale, poiché, complessivamente, ha lasciato sul campo in un anno 530 unità.
Sono i dati aggiornati elaborati dall’Ufficio studi di Confartigianato-Imprese Udine su dati Unioncamere-Infocamere e relativi a tutto il comparto artigiano della regione. Nello specifico, a chiudere i battenti nel 2020 sono state 50 aziende del legno arredo; 43 aziende del mondo dei trasporti, della logistica e della mobilità; 40 del mondo del benessere e dei servizi alla collettività; 38 della subfornitura; 25 imprese del settore della comunicazione e dei servizi innovativi; 24 impiantisti; 20 del settore moda; 14 realtà dell’alimentare; 8 autoriparatori. Boom, invece, nel comparto edile, con 45 nuove aperture e crescita anche nel terziario, con 34 nuove aperture.
«I numeri negativi sono segnali preoccupanti, perché a saltare sono state aziende legate all’export, come la subfornitura e il legno-arredo, e aziende di servizio, come i trasporti – afferma il presidente di Confartigianato Fvg, Graziano Tilatti -. Ciò indica che le conseguenze sull’economia non sono solo originate da lockdown e dalle restrizioni anti Covid, ma anche da un cambiamento di abitudini nel consumo e nell’organizzazione del lavoro provocati dalla pandemia». Un cambio di scenario, prosegue Tilatti, «di cui è urgente prendere atto per interventi che ridiano forza alle piccole imprese, quelle che hanno fatto grande l’Italia e che continuano a essere un presidio di sviluppo e occupazione sul territorio».
Perciò, al costituendo nuovo governo nazionale, il presidente di Confartigianato Fvg chiede che «metta in atto una significativa moratoria fiscale e preveda la possibilità di attribuire, alle aziende in sofferenza causa pandemia, un anno di fatturato da restituire in 20-30 anni a tasso zero e ristori in conto capitale. Ciò consentirà di rimettere in moto l’economia, perché si pagano i collaboratori, i fornitori e i tributi. Soprattutto – conclude Tilatti -, si rimette in moto un circolo virtuoso capace di creare lavoro, sviluppo e dignità, poiché i titolari e lavoratori vogliono vivere di lavoro e non di reddito di emergenza».
Nel 2020 è stata la provincia di Udine ad avere il maggior numero di serrande abbassate, con 175 cessazioni. Segue Pordenone con 52 cancellazioni e Gorizia con 33. Solo a Trieste il settore artigiano è in attivo, con una differenza tra chiusura e nuove aperture di 80 unità.