Coronavirus, i sindacati chiedono più protezioni per gli operatori del sociale
Un monitoraggio quotidiano e aggiornato dell’andamento del contagio non solo in ambito sanitario, ma anche nelle case di riposo e nell’assistenza domiciliare. Forniture certe e regolari dei dispositivi di protezione individuale a operatori, pazienti, assistiti. Linee guida per l’utilizzo di lavoratori e strutture della sanità privata, attualmente fortemente sottoutilizzate nonostante il forte fabbisogno i operatori da destinare all’emergenza. È quanto chiedono le segreterie regionali di Cgil-Cisl-Uil, con i responsabili sanità e welfare Rossana Giacaz, Luciano Bordin e Magda Gruarin, rivendicando l’esigenza di una maggiore trasparenza e di coinvolgere i sindacati «nella gestione dell’emergenza Covid-19 sia a livello regionale che di aziende sanitarie. In un momento in cui si rafforzano le misure di prevenzione e tutela cui sono soggetti i cittadini, sostengono, «ancora più importante e sentita dovrebbe essere la necessità di monitorare l’andamento dell’epidemia e rafforzare l misure di prevenzione e protezione nei settori più esposti al rischio».
Ad allarmare i sindacati non c’è solo la crescita dei contagi tra gli operatori della sanità e dell’assistenza, ma anche l’assenza di un confronto tra aziende sanitarie e rappresentanze sindacali sulle politiche del personale, sull’organizzazione del lavoro, sul monitoraggio dei contagi in ambito sanitario e socio-assistenziale. «Non è accettabile – denunciano Cgil, Cisl e Uil – che i dati su operatori e utenti contagiati vengano diffusi soltanto dai giornali e non siano sottoposti alle categorie, in particolare per quanto attiene alla situazione delle case di riposo, che rappresentano in questo momento il fronte più delicato. Vogliamo sapere quali sono le strategie messe in campo, a livello regionale e azienda per azienda, per circoscrivere i focolai esistenti e per prevenire la formazione di nuovi focolai, con quali protezioni si opera nelle case di riposo e nell’assistenza domiciliare, quali siano le strategie per far fronte, sia negli ospedali che nel territorio, a carenze di organico causate dalla diffusione del contagio tra gli operatori».
La sensazione è che strutture residenziali e assistenza domiciliare siano ancora l’anello debole nella lotta contro l’epidemia, «sia in termini di personale che sotto il profilo delle condizioni di lavoro», insistono Giacaz, Bordin e Gruarin. Tra le soluzioni per far fronte all’emergenza, per i sindacati, anche un maggiore coordinamento tra servizio sanitario pubblico e sanità privata, «che finora è clamorosamente mancato, come dimostra il caso del Città di Udine, sconcertante ma probabilmente non isolato, con l’80% dei dipendenti alle soglie della cassa integrazione». Dal personale medico e infermieristico che fa capo alle strutture private, per Cgil, Cisl e Uil, «potrebbe arrivare un importante aiuto sia per gli ospedali che per il territorio». Anche su questo punto, come sugli altri, i sindacati confederali rivendicano l’esigenza di un dialogo costante con l’assessorato e con le singole aziende sanitarie. Ma un forte appello viene lanciato anche ai sindaci, «non soltanto per quanto riguarda la gestione dell’emergenza nelle case di riposo pubbliche e nell’assistenza domiciliare, ma anche nell’ottica di un rafforzamento degli organici dei servizi sociali, che saranno sicuramente chiamati a un superlavoro anche nei prossimi mesi, per gestire le pesanti ricadute economiche, occupazionali e sociali di questa drammatica emergenza».
(nella foto Rossana Giacaz)