Crisi dei Centri di raccolta del latte in Carnia, trovata la soluzione
Audizione dell’assessore alle risorse agricole Cristiano Shaurli in II Commissione del Consiglio regionale sulle criticità riscontrate in alcuni centri di raccolta del latte in Alto Friuli. La richiesta, formulata da alcuni consiglieri tra i quali Barbara Zilli (LN) che l’ha illustrata, parte dalle notizie di stampa in base alle quali alcune stalle a conduzione familiare sarebbero a rischio perché non rispetterebbero le norme Ue sulla trasformazione del latte.
Quali regole non verrebbero rispettate? Ci sono criticità in altre zone della regione? Qual è la situazione generale? Cosa si intende fare?
L’assessore Shaurli ha intanto inquadrato la situazione: il problema riguarda 11 centri di raccolta del latte in Carnia che servono 32 piccoli allevatori, che ne conferiscono anche solo 10 litri al giorno, fino a poco più di 100. Sono spazi di stoccaggio come ex latterie, ma anche ex scuole, edifici dove il latte viene depositato temporaneamente e quindi ritirato da un mezzo apposito. Centri come questi sono già stati chiusi in tutta la regione, sono rimasti in montagna con delle proroghe (che non possono essere concesse all’infinito) proprio per venire incontro a quelle realtà.
Ci sono problemi reali, quali il fatto che il latte raccolto non viene in molti casi refrigerato ed essendo conferito collettivamente in un unico contenitore, da una parte non è tracciabile e dall’altra, se presenta qualche imperfezione si trasmette all’intero prodotto.
La soluzione esiste ed è già stata adottata con successo in Trentino-Alto Adige: viene fornito ai piccoli allevatori un contenitore trasportabile, che all’interno contiene un nucleo refrigerante che porta in modo graduale il latte alla temperatura giusta; il contenitore viene lasciato nel centro di raccolta e grazie a un bocchettone del quale è dotato il latte può essere prelevato in sicurezza. Si garantiscono quindi la tracciabilità del prodotto e la possibilità di fare controlli preventivi.
L’alternativa è ridurre drasticamente i centri di raccolta e mettere a norma Ue quelli individuati, con i costi che questa operazione comporta.
Non mancherà l’impegno pubblico – ha assicurato Shaurli – e nel frattempo faremo un’ulteriore proroga per darci il tempo di fare un’analisi delle esigenze azienda per azienda, individuare la migliore soluzione e, nel caso si optasse per i contenitori, decidere chi potrebbe acquistarli per fornirli in comodato ai piccoli allevatori.
LA RICHIESTA DI BARBARA ZILLI
“La soluzione trovata dall’assessore Shaurli per sbloccare la situazione delle latterie della Carnia venga estesa anche alle altre realtà simili della nostra Regione” così commenta a margine dei lavori della II commissione Barbara Zilli (LN) convocato su richiesta delle opposizioni di cui Zilli era prima firmataria.
“Il valore e il patrimonio sociale delle piccole produzioni di latte in montagna e nelle zone pedemontane non dev’essere cancellato a causa delle rigide imposizioni europee, spesso lontane dalle realtà locali.
“Spero che presto vengano adottate tutte le misure necessarie per garantire la corretta raccolta del latte nelle zone montane: la soluzione mediante l’utilizzo di tank refrigerati diventi la risposta efficace per il mantenimento delle piccole produzioni in tutte le zone montane della nostra Regione”.
L’INTERVENTO DI ROBERTO REVELANT
“Non si può continuare a dare sempre la colpa all’Europa, quando le norme poi vengono recepite in maniera diversa dagli stessi Stati appartenenti e troviamo situazioni diverse tra Italia, Slovenia ed Austria solo per fare degli esempi, o peggio ancora quando all’interno della stessa Nazione vi siano ulteriori diversificazioni.”
Ad intervenire è il consigliere regionale di Autonomia Responsabile, Roberto Revelant, che ha proposto una possibile soluzione al problema legato ai centri di raccolta del latte in zona montana.
“Mutuando l’esperienza della regione Piemonte che è intervenuta fin dal 2008 a livello normativo, non sarebbe necessario l’acquisto di nessun tank, ma – continua Revelant – verrebbe di fatto riconosciuta l’attuale attività praticata nei centri esistenti in quanto esclude dall’obbligo di Riconoscimento CE, i “frigoriferi collettivi” (o centrini di raccolta), cui conferiscono i piccoli allevamenti situati in zone montane particolarmente disagiate. Tali “frigoriferi collettivi” sono soggetti pertanto alla semplice registrazione e, dal punta di vista gestionale, devono essere funzionalmente correlati a gruppi organizzati di conferenti o a stabilimenti di trasformazione.”
“Ciò darebbe risposta al problema emerso ed auspico pertanto che l’Assessore faccia con la struttura regionale i dovuti approfondimenti, ribadendo ancora una volta che la valenza dei benefici apportati dalla presenza di capi bovini in montagna sono sempre significativi perché legati ad aspetti silvo-pastorali, al recupero dei terreni incolti, al mantenimento dei prati, alla cura del territorio, alla commercializzazione di piccole produzioni locali di qualità per arrivare fino allo sviluppo turistico. E’ opportuno pertanto valutare – conclude Revelant – che ogni stalla che chiude, piccola o grande che sia, provoca un deterioramento di tutte queste risorse ed opportunità, vanificando anche altri sforzi che vengono messi in campo.”