Il consigliere Fvg Di Bert: «Nella fase 2 non limitare le uscite degli ultra 70enni»
“Non si può chiudere in casa un’ampia fascia della popolazione, per una questione anagrafica. Bene ha fatto il Difensore Civico regionale a intervenire, criticando l’ipotesi ventilata secondo la quale nella cosiddetta Fase 2 ci potrebbe essere una sorta di disposizione rivolta alla categoria degli ultra 70enni, a restare in casa”.
Lo dice il capogruppo di Progetto Fvg/Ar in Consiglio regionale, Mauro Di Bert, che in una nota afferma di ritenere che si tratti di “un provvedimento troppo generico e generalizzato, da rimettere in discussione da subito”.
Aggiunge Di Bert: “gli ultra 70enni, in una regione come il Friuli Venezia Giulia, rappresentano circa un quinto della popolazione e proprio grazie all’aumento dell’età media e dell’aspettativa di vita, per buona parte sono persone in salute, attive fisicamente, socialmente e culturalmente. Non si può ricondurre a una mera questione anagrafica un’ipotizzata “debolezza” sanitaria, davanti al diffondersi di un virus, perché ci sono persone pluripatologiche fra i 40enni, come fra i 50enni, così come ce ne sono sicuramente fra i 70enni e gli 80enni, ma un distinguo in tal senso diventa quanto mai doveroso”.
“E sinceramente – prosegue l’esponente regionale di Progetto Fvg – non trovo corretto il presentare questa ipotesi come un tentativo di proteggere la componente anziana della popolazione, quasi a voler dire che automaticamente varcare la soglia dei 70 anni fa di una persona una probabile vittima del Covid”.
“E’ giusto che le istituzioni cerchino di attuate tutte le azioni possibili a salvaguardia della salute, bene comune, ma -insiste Di Bert – non credo che un tanto possa giustificare la segregazione di un quinto della popolazione accomunata da un banale fattore anagrafico”. “Mi auguro – conclude il consigliere – che un’eventuale azione di Governo in tale direzione, possa essere ridimensionata dall’applicazione di un filtro, uno screening, attraverso magari una certificazione fornita dal medico della medicina generale, che attesti le buone condizioni di salute dell’assistito sottraendolo a una ghettizzazione ingiustificata”.