In piazza la rabbia dei pensionati e dei lavoratori della scuola
Una piazza «incazzata», per usare le parole del segretario generale della Cgil Fvg Michele Piga. Ad affollarla centinaia di pensionati e di lavoratori della scuola, a colorarla tante bandiere. Il popolo della Cgil ha aderito con forza all’appello dello Spi e della Flc, uniti da due mobilitazioni che guardano agli stessi obiettivi. Obiettivi che sono stati al centro della manifestazione organizzata questa mattina a Udine in piazza Venerio: difendere il potere d’acquisto dei pensioni e dei salari, dire no alle elemosine sugli aumenti delle minime e i rinnovi contrattuali della scuola, rivendicare una vera riforma del fisco, capace di contrastare l’evasione e di prendere le risorse a chi le ha, invece che ai soliti noti, chiedere investimenti sulla sanità pubblica e sull’assistenza, sempre più ostaggio dei tagli e delle privatizzazioni.
«Siamo di fronte a una legge di bilancio che ancora una volta penalizza le pensioni, basti pensare ai 3 euro di aumento delle pensioni minime che sono davvero un pacchetto di caramelle se confrontate a un ticket. C’è un ulteriore definanziamento della sanità, che incassa solo 1,3 miliardi di spesa aggiuntiva rispetto allo scorso anno, cui 400 milioni autofinanziati dai cittadini attraverso i ticket». Il segretario generale dello Spi Cgil Fvg Renato Bressan spiega così le ragioni della mobilitazione dello Spi e della Cgil, che guarda già allo sciopero generale del 29 novembre. Motivazioni, ha aggiunto Bressan, che uniscono pensionati e lavoratori, a partire da quelli della scuola, che oggi hanno scioperato in tutta Italia a sostegno del loro contratto di lavoro. «Sia nella sanità che nella scuola – dichiara ancora il segretario regionale dello Spi – ci troviamo di fronte a pesanti tagli: meno medici, meno infermieri, meno insegnanti, e meno risorse agli enti locali e quindi anche al welfare territoriale, vista la riduzione di 4 miliardi che attende i Comuni italiani nei prossimi anni. Ce n’è abbastanza per essere in piazza assieme alla scuola, ce n’è abbastanza anche per sostenere e manifestare insieme agli studenti e ai giovani, che continuano ad andarsene a migliaia anche da questa regione, perché sottopagati e precari».
La mobilitazione della Cgil non guarda soltanto alla Finanziaria nazionale, ma anche alle scelte della Giunta regionale. Nel mirino della Cgil l’assenza di politiche industriali, tanto da parte del Governo, «immobile sulla crisi dell’automotive», quanto da parte della Giunta regionale: «La stagione dei finanziamenti a pioggia – queste le parole di Piga – deve finire, per lasciare spazio a una vera politica di sostegno strutturale al nostro manifatturiero. La finanziaria regionale 2025 dovrà dare risposte convincenti su questo versante, ma attendiamo la Giunta al varco anche sulla sanità pubblica: non è vero che su questo versante le risorse aumentano, anzi. In regione mancano il 10% dei medici e il 5% degli infermieri. E sotto la nostra lente c’è anche il rinnovo dell’accordo con il privato convenzionato, che scade quest’anno».
La Cgil non starà a guardare, lo Spi non starà a guardare, difendendo le ragioni di chi, ha detto dal palco di Udine Carla Mastrantonio, della segreteria nazionale del Sindacato pensionati, «ha finanziato con 120 miliardi di mancate rivalutazioni, dal 2012 a oggi, la spesa pubblica di questo Paese e oggi chiede di prendere le risorse dove ci sono, cioè alle grandi rendite, ai grandi patrimoni e ai grandi profitti». Concetti, questi, al centro degli interventi dei rappresentanti territoriali dello Spi Friuli Venezia Giulia: Stefano Borini da Trieste, Bruno Zamar dall’Isontino, Maria Luisa Melcher da Pordenone e Maria Marion da Udine.
A dare voce alle ragioni e alla protesta del popolo della scuola, in lotta per il rinnovo del contratto e contro la dilagante precarietà, il segretario regionale della Flc Cgil Massimo Gargiulo. «Le risorse stanziate dal Governo per il contratto 2022-24, ha ricordato, corrispondono a poco più di un terzo dell’inflazione subita nel triennio dai lavoratori della scuola, con un danno medio di 3.500 euro mensili. E dal Governo nessuna risposta contro il dilagare del precariato, che in regione coinvolge 5mila lavoratori, tra docenti e Ata, su un totale di 20mila dipendenti». Proprio a causa del precariato e dei bassi stipendi migliaia di giovani continuano a lasciare il nostro Paese e la nostra regione, «condizionando in negativo le prospettive di crescita economica e di sviluppo», ha ricordato la studentessa Maria Chiara Brenni, intervenuta in rappresentanza dell’Unione degli Universitari a dar voce a una mobilitazione che unisce le categorie e le generazioni.