Jobs Act rinviato alla Corte di Giustizia europea, la battaglia partita dal Friuli
Si sposta alla Corte di Giustizia europea la partita sul jobs act. A rinviare la norma davanti ai giudici comunitari è stato il tribunale di Milano, evidenziando un sospetto di illegittimità dell’articolo 10 del decreto 23/2015, che disciplina le procedure di licenziamento collettivo escludendo la reintegra per i lavoratori assunti o stabilizzati con il cosiddetto contratto a tutele crescenti. Questa la situazione in cui si trovava una lavoratrice friulana dipendente del gruppo Consulmarketing SpA, assistita dalle avvocate Daniela Graziani e Giulia Pividori di Udine, insieme agli avvocati De Marchis e Correnti di Roma, e sostenuta da Filcams Cgil e Cgil nazionali.
«La nostra assistita – spiegano le due legali friulane – è stata discriminata rispetto ai suoi colleghi di lavoro, tutti licenziati ingiustamente e tutti reintegrati. Lei, al contrario, non è stata reintegrata, unica tra i 350 dipendenti coinvolti. Licenziati ingiustamente, tutti i suoi colleghi sono stati reintegrati. Lei no, perché la riforma Renzi prevede che, essendo stata assunta dopo il 7 marzo 2015, e perciò solo, non abbia diritto a riottenere il posto di lavoro. Questa disciplina, secondo il Tribunale di Milano, viola la Costituzione, la direttiva europea 99/70 e, infine, dieci articoli della carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, senza peraltro realizzare, si legge nel dispositivo, alcun equo temperamento tra diritto al lavoro e interesse dell’impresa, o tra la tutela del posto di lavoro e l’interesse all’occupazione quale fine di interesse generale che giustifica la riduzione delle tutele». Una decisione, quella del tribunale di Milano, salutata con grande soddisfazione dalla Filcams e dalla Cgil nazionali, che parlano di «importante passo in avanti nella messa in discussione del sistema di protezione contro i licenziamenti illegittimi introdotto dal jobs act, attraverso motivazioni che rafforzano quanto da sempre sostenuto dalla nostra organizzazione”.
Questa nuova battaglia contro il jobs act, partita dal Friuli, potrebbe mettere seriamente in discussione uno dei caposaldi del jobs act, cioè l’esclusione della reintegra dal regime sanzionatorio, da sempre duramente contestata dalla Cgil. «Si tratta di un caso emblematico – spiega il segretario della Filcams Fvg Francesco Buonopane – perché la lavoratrice licenziata e non reintegrata era l’unica a cui si applicava il Jobs Act, perché stabilizzata da tempo determinato a indeterminato dopo l’entrata in vigore della norma, rendendo evidenti e paradossali gli effetti discriminatori dell’articolo in questione, il numero 10, che esclude la reintegra anche per i licenziamenti collettivi».