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La Cisl rilancia l’idea di un invaso sul fiume Fella fra Amaro e Moggio

Un Piano energetico sicuramente strategico rispetto agli obiettivi della transizione imposta dall’Agenda 2030 dell’Ue, ma che avrebbe richiesto un maggior coinvolgimento del Sindacato: sul documento messo a punto dalla Regione Fvg per gestire la transizione energetica a livello territoriale, la Cisl chiede una presenza più incisiva delle parti sociali nella definizione di linee e indirizzi. Il motivo è fin troppo chiaro: la transizione in atto avrà un forte impatto sui lavoratori, richiedendo anche uno sforzo inedito sulla contrattazione all’interno delle aziende, considerando, ad esempio, tutta la partita dell’ottimizzazione dei costi, dell’efficientamento energetico, e delle nuove competenze richieste.

“C’è dunque – sottolinea per la Cisl Fvg, Cristiano Pizzo – la necessità di costruire percorsi partecipativi e condivisi, cosa di cui, purtroppo, non si è tenuto conto appieno in fase di stesura del PER, Piano Energetico Regionale. Considerando le implicazioni sul mondo del lavoro, chiediamo che da subito venga attivato con le parti sociali un tavolo permanente sulla transizione energetica”.

La transizione energetica, per il Sindacato, dovrebbe diventare anche uno strumento di supporto per il tessuto produttivo della regione, che continua a soffrire in alcuni settori, come, ad esempio, quello della metalmeccanica. Oltre a ritenere che la Regione Friuli Venezia Giulia possa investire, tramite Friulia, nelle riconversioni industriali di settori che nell’arco del PER potrebbero entrare in crisi, sarebbe utile  – attraverso il tavolo stabile di confronto chiesto da Cisl Fvg – intrecciare le necessità aziendali, l’avanzamento dei vari piani (compreso quello edilizio relativo alla c.d. “Direttiva Case”) e l’impatto del cambiamento sulla qualità del lavoro e, quindi, della vita degli abitanti del Friuli Venezia Giulia. Punto di partenza, in questo senso, è senz’altro anche una quantificazione dell’impatto occupazionale del PER: ad oggi, infatti, rispetto alla filiera dell’idrogeno, ad esempio, non ci sono dati disponibili relativamente al fabbisogno di manodopera e alle qualifiche professionali. “Chiaro che – sottolinea Pizzo – non possiamo prescindere da una visione integrata tra impatto della questione energetica e tessuto industriale, guardando in prospettiva anche alle crisi in atto, pensando a una riconversione di imprese e lavoratori al nuovo paradigma economico e della produzione, sviluppando nuovi livelli occupazionali, economia circolare, e rimodulando l’organizzazione del lavoro”.

Restano, inoltre, per la Cisl Fvg, alcune necessità da colmare, ma anche alcuni punti su cui avere maggiore chiarezza di visione e coraggio. Partendo dalle necessità, per il Sindacato occorre prevedere nel Piano regionale voci come la manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti elettriche di distribuzione e il loro costante e continuo presidio con personale adeguatamente formato per poter rispondere alle eventuali emergenze ed evitare situazioni di black out; l’affiancamento alla filiera dell’idrogeno eventualmente di una filiera del mini nucleare e del fotovoltaico, in una logica anche di diversificazione delle fonti di approvvigionamento; investire maggiormente nella diffusione dei sistemi di produzione del fotovoltaico e di accumulo e investire nelle persone, primi portatori di una transizione culturale che nasce dai posti di lavoro, che già oggi sono investiti dalla transizione digitale ed elettrica, e dalla mobilità.

Sul tema cruciale delle reti – interviene anche il responsabile del Dipartimento Internazionale della Flaei, Luigi Sedran – sottolineando la preoccupazione per la scadenza delle concessioni nel 2030, proprio a metà del Piano Energetico Regionale, con il rischio di un cambio di gestore in un momento in cui servirebbero forti investimenti per rendere le reti resistenti agli eventi metereologici estremi, oltre a quelli sulle manutenzioni straordinarie e il personale.

Altro passaggio richiamato da Sedran, quello della povertà energetica, con la proposta di sfruttare le falde dei tetti delle chiese per sviluppare le CER, Comunità Energetiche, e dare sostegno a chi si trova in difficoltà.

Quanto al merito della transizione energetica, la Cisl Fvg affida la sua “ricetta” ad una conferenza stampa, tenutasi stamani – 19 novembre – nella sede udinese del Sindacato.
Sei i punti chiave, li proponiamo così come illustrati dal sindacato.

1) Giusta transizione

Nell’ottica della giusta transizione, la Cisl Fvg ritiene che la Regione Friuli Venezia Giulia possa investire, tramite Friulia, nelle riconversioni industriali di settori che nell’arco del PER potrebbero entrare in crisi. Si tratta di riconvertire imprese e lavoratori al nuovo paradigma economico e della produzione: se si sta tentando di dare vita ad una filiera dell’idrogeno, di cui il PER non quantifica il fabbisogno di mano d’opera e le qualifiche professionali, dall’altro canto manca un investimento per sviluppare una filiera del FV (fotovoltaico) regionale. Quello che è però e più urgente è identificare e mettere in campo azioni concrete per far fronte alle crisi aziendali presenti in regione e rilevate dall’Osservatorio CISL FVG sulle crisi di impresa, crisi che stanno coinvolgendo alcune migliaia di lavoratrici e lavoratori con notevole impatto sulle politiche passive del lavoro.

La Cisl Fvg nota che il PER non quantifica l’impatto occupazionale del Piano stesso: per questo chiediamo alla Regione Friuli Venezia Giulia di istituire un tavolo permanente sulla Giusta transizione per: intrecciare le necessità aziendali, l’avanzamento dei vari piani (compreso quello edilizio relativo alla c.d. “Direttiva Case”) e l’impatto del cambiamento sulla qualità del lavoro e, quindi, della vita degli abitanti del Friuli Venezia Giulia.

Sviluppo dei livelli occupazionali, economia circolare, organizzazione del lavoro e decarbonizzazione, sono i principali temi da monitorare anche nel PER. Emerge, infatti, che la produzione di energia in regione dipenda ancora dalle fonti fossili in tre territori su quattro (Udine, Gorizia e Trieste); complessivamente il fabbisogno di elettricità in regione risulta ancora dipendente dalle fonti fossili per il 47,2% che è un dato che deve essere sicuramente abbattuto per rientrare nei sei fattori abilitanti per lo sviluppo industriale della Regione FVG (oltre alla competitività energetica, ci sono la rete infrastrutturale, la digitalizzazione, le aree di sviluppo industriale, la formazione la ricerca e l’innovazione e il sistema della P.A.).

2) Le reti di distribuzione di energia elettrica

La Cisl Fvg valuta positivamente la convocazione di tavoli di coordinamento fra TSO e DSO: riteniamo che, visto l’impatto sulle risorse umane, tali incontri vadano aperti anche ai sindacati di categoria, come valore aggiunto della rappresentanza delle comunità lavorative.

Va però da subito tenuto presente che la scadenza delle concessioni delle reti di distribuzione elettrica (2030) si colloca nel momento in cui il PER avrebbe bisogno di maggiore spinta e sostegno proprio sulle reti di distribuzione elettrica.

A tal fine, riteniamo che la Regione Friuli Venezia Giulia debba attivarsi con l’Autorità garante Arera e con il Governo nazionale al fine di salvaguardare i DSO nazionali che sono fiore all’occhiello dell’industria elettrica italiana a livello europeo, e non solo, ed evitare la frammentazione delle concessioni, come avvenuto con gli ambiti territoriali ottimali del gas, perché si creerebbero delle aziende di piccole dimensioni che non potrebbero reggere la mole di investimenti necessaria per sostenere tutta la potenza proveniente da generazione diffusa prevista dal PER.

Sempre in merito alle reti di distribuzione elettrica, sebbene il PER preveda anche un funzionamento “a isola” del sistema fotovoltaico domestico o industriale, si rende necessario un rafforzamento delle reti elettriche, riconoscendo che sono stati fatti diversi investimenti per il Piano Resilienza e per il PNRR che però non intervengono in modo strutturale su palificazioni e conduttori: ricordiamo che gli impianti di distribuzione MT e BT più vecchi risalgono ai tempi della ricostruzione post-terremoto del 1976, mentre la buona tecnica delle reti elettriche prevedrebbe una sostituzione almeno del 5% della rete MT e BT ogni anno.

Una rete elettrica fortemente digitalizzata, ma vetusta nelle infrastrutture elettromeccaniche, rischia di diventare il collo di bottiglia del PER del Friuli Venezia Giulia: per questo motivo è necessario chiedere ai DSO di stanziare adeguato numero di risorse economiche da destinare alla manutenzione ordinaria e straordinaria della rete esistente.

3) Il Fotovoltaico (FV)

L’impianto fotovoltaico domestico, munito di accumulo a batteria, rappresenterà per i prossimi 20-30 anni, ciò che gli elettrodomestici bianchi hanno rappresentato per le famiglie del Paese durante gli anni del boom economico.

Allo stesso modo, anche gli investimenti negli impianti di produzione FV relativi alle PMI diventeranno sempre più importanti per abbattere i costi energetici.

Il PER stima che il numero di edifici potenzialmente adatti all’installazione di impianti fotovoltaici sia compreso in un range che vada dal 40 al 50 % del totale, ovvero circa 122.545 – 153.181 edifici: significa che mediamente ogni anno si devono realizzare 5.650 impianti domestici ogni anno per 20 anni, senza contare gli impianti che si intende investire negli edifici di proprietà pubblica o in quelli destinati ad attività produttive.

Conoscendo gli organici delle DSO (aziende generalmente a controllo pubblico come E-distribuzione e AcegasApsAmga) e quanti di essi sono dedicati alle attività di progettazione e preventivazione, già da ora la Cisl Fvg ritiene che il Per sia a rischio proprio per la carenza di mano d’opera dedicata alle attività propedeutiche all’attività di realizzazione da parte di imprese private.

Già oggi, sia aziende appetibili come i DSO a controllo pubblico, sia le aziende installatrici, soffrono la carenza di organici anche per via della transizione demografica: la Regione Friuli Venezia Giulia, alla pari delle organizzazioni sindacali di categoria, devono fare pressioni presso i DSO per favorire un piano di assunzioni straordinario, come fu fatto ai tempi del terremoto del 1976, tenendo presente, come già detto, che la concessione per i DSO scadrà nel 2030.

Fra le tipologie di edifici che non sono stati considerati nel PER abbiamo notato l’assenza degli edifici di culto, in particolare le chiese. Fermo restando il loro uso religioso, la disposizione di detti edifici, tradizionalmente orientati da est a ovest, consentono di avere un’ampia falda esposta a sud. Considerando che numerose chiese sono dei monumenti storici ed artistici, ve ne sono numerose altre, generalmente sparse per i paesi della pianura o della montagna, che potrebbero prestare il loro contributo alla produzione da FER.

4) Termoelettrico

Nel PER trova poco spazio l’evoluzione delle centrali termoelettriche che per i prossimi 20 anni rappresenteranno una “ciambella di salvataggio” qualora condizioni meteo estreme, come quelle che si sono abbattute a Mortegliano (UD) nel luglio del 2023, mettessero fuori uso centinaia o migliaia di pannelli FV domestici.

La dismissione della centrale a carbone di Monfalcone, di proprietà di A2A, e la sua sostituzione con una centrale a turbogas che farà parte del sistema del capacity market, porterà alla perdita di decine di posti di lavoro: ricordiamo che ad inizio degli anni 2000, in centrale, allora Enel, operavamo 330 dipendenti in forma diretta, mentre attualmente ve ne sono circa  80. L’avvio della nuova centrale a gas porterà gli organici a ridosso delle 50 unità: tutte queste ristrutturazioni aziendali sono avvenute in modo non traumatico e l’accordo di programma siglato da A2A con Flaei-Cisl, Filctem-Cgil, Uiltec-Uil è un esempio di “accordo per una giusta transizione” che riteniamo possa entrare come best practice del PER.

Nel transitorio, non saranno più disponibili i 360 MW di potenza dei due gruppi alimentati a carbone, ampliando il deficit regionale fra energia richiesta e quella prodotta.

La centrale Edison di Torviscosa è entrata in esercizio nel 2006 e si appresta a compiere 20 anni di vita: probabilmente, a breve, sarà necessario una riconversione dell’impianto in cui oggi operano 30 persone, privando, anche in questo caso, di 830 MW di capacità produttiva la nostra regione allargando ulteriormente il deficit energetico regionale

Resta intesto che le centrali a gas sono centrali che saranno affiancate alla produzione da FER e che entreranno in servizio per tamponare l’intermittenza delle fonti rinnovabili, in particolare del FV, e che tali centrali saranno necessarie fino al 2050-2055.

In questo contesto la Centrale di Monfalcone e l’ex centrale Arvedi di Trieste potrebbero giocare un ruolo determinante per l’elettrificazione dei porti delle relative città, oltre che per concorrere alla produzione di idrogeno.

In questo contesto la Cisl Fvg apprezza l’impegno della Regione nel perseguire la strada della NAHV (North Adriatic Hydrogen Valley) che può posizionare la Regione all’interno di un sistema di collaborazioni internazionali e di competitività economica.

5) L’idroelettrico

La necessità di una riserva idrica è fondamentale per il benessere delle persone nei casi di siccità, come è stato evidenziato nella Valutazione ambientale relativamente al Piano acque.

Com’è noto, i bacini idroelettrici di più grandi dimensioni (gestiti da A2A ed Edison) hanno seri problemi di capacità, in quanto il volume degli invasi sono ridotti a causa delle grandi quantità di ghiaie presenti in essi: sarebbe necessario, a latere del PER, un piano stralcio per cercare di ripristinare i volumi necessari alla scorta di acqua.

Così come la Cisl suggerisce di riprendere in mano lo studio realizzato da Enel (ente elettrico) nel 1975, nove anni dopo la disastrosa piena di Latisana, per la realizzazione di un invaso sul torrente Fella fra Amaro e Moggio Udinese, in grado di generare una consistente riserva d’acqua per la piana friulana, oltre che ad installare 136 MW di generazione utile, e concorrente a mitigare le piene del Tagliamento, che attinge le sue massime portate proprio dal bacino imbrifero delle Alpi Giulie, alla foce.

In questi anni, diversi interventi di ammodernamento ed efficientamento sono stati fatti dai gestori degli impianti che, lo ricordiamo, sono di proprietà della regione Friuli Venezia Giulia: andrebbe sostenuta la linea d’azione sindacale che chiede da diverso tempo l’incremento degli organici dei due principali attori, A2A ed Edison, al fine di migliorare il presidio del servizio di reperibilità, manutenzione e sorveglianza degli impianti idroelettrici regionali.

6) Nucleare

Il PER non prende in considerazione l’uso di energia nucleare che, come il gas, è stato inserito nella tassonomia europea come fonte concorrente alla riduzione delle emissioni.

Fermo restando il quadro legislativo attuale, riteniamo che il PER potrebbe avviare, fuori da strumentalizzazioni e da pregiudizi di qualsiasi sorta, una seria discussione sul nucleare, per l’uso strategico che potrebbe farne l’industria siderurgica regionale, visto la disponibilità sul mercato di minicentrali. Su questo, come Cisl, siamo disponibili ad intavolare una discussione.