Lepre (Legambiente): «Emergenze maltempo, ci vuole ben altro che un “commissario”»
Riceviamo e pubblichiamo le considerazioni di Marco Lepre, presidente del circolo Legambiente della Carnia-Val Canale-Canal del Ferro.
Non ho potuto, ovviamente, assistere alla conferenza stampa che il Presidente della Regione Fedriga e gli Assessori alla Protezione Civile Riccardi e all’Ambiente Scoccimarro hanno indetto, qualche giorno dopo la proclamazione dell’allerta “rossa”, per fare il punto sulle conseguenze dell’ondata di maltempo che ci ha colpito nella prima settimana di novembre.
Potrei dunque sbagliarmi, ma, leggendo gli ampi resoconti apparsi sulla stampa, la prima cosa che mi ha subito colpito è stata l’assenza dell’utilizzo di parole come “riscaldamento globale”, “crisi climatica”, “emergenza ambientale”. Nonostante il ripetersi sempre più frequente di eventi estremi (siccità, alluvioni, incendi, mareggiate, grandinate eccezionali, venti che soffiano con sempre maggiore violenza, etc.) ed il parere ormai unanime degli scienziati, sembra di essere rimasti a cinque anni fa, quando, subito dopo la Tempesta Vaia, il Ministro Salvini non si sognava nemmeno di dare la colpa ai “cambiamenti climatici”, ma se la prendeva con quelli che definiva gli “ambientalisti da salotto”. Questa sostanziale conformità di atteggiamento con il leader della Lega non è, in effetti, un dettaglio privo di significato. Comportarsi come dei “negazionisti” significa continuare tranquillamente con le politiche del passato (ad esempio investendo milioni di euro in nuove piste da sci ed impianti di risalita a quote o su versanti improbabili o costruire strade come quella di Cjampizzulon, che stanno già franando da sole) e, nello stesso tempo, rinviare o rallentare quei provvedimenti che invece sarebbero urgenti, “sabotando”, di fatto, l’azione di contrasto al riscaldamento globale.
Certo, Fedriga ed i suoi assessori non potevano non dirsi preoccupati per il ripetersi di eventi atmosferici estremi, ma hanno preferito rassicurare subito l’opinione pubblica sul loro impegno (quasi 400 milioni di euro investiti dal 2018 ad oggi) e indicare quella che, a loro avviso, sarebbe la soluzione a tutti i problemi: la nomina di un “commissario fisso” per gestire le continue emergenze legate al maltempo. Insomma, qualcosa di simile alla “madre di tutte le riforme” che il Governo Meloni propone per modificare la Costituzione.
Abbiamo già sperimentato cosa questo significhi dopo la Tempesta Vaia: ampia libertà di azione e di gestione dei fondi (con alcune destinazioni per le quali la Corte dei Conti e la magistratura farebbero bene ad indagare), procedure semplificate, approvazione sbrigativa dei progetti in deroga alla legislazione ordinaria (ma molte opere devono ancora essere iniziate a distanza di cinque anni!), assenza di controlli e di coinvolgimento nelle scelte, con esiti spesso vanificati (basti pensare all’assurdo livellamento delle ghiaie pensando di canalizzare al centro dell’alveo dei fiumi il deflusso delle acque).
I nostri amministratori, a differenza di quelli dell’Emilia Romagna che sono ancora in attesa, confidano evidentemente che la disponibilità di risorse sia infinita, ma se le “catastrofi” continuano con questo ritmo forse sarebbe il caso di cominciare a preoccuparsi. Nonostante i risarcimenti per Mortegliano fossero già stati stanziati, poi, questo non è stato sufficiente ad impedire che, a distanza di tre mesi e mezzo dalla grandinata, la maggior parte degli edifici fosse lasciato in condizioni estremamente precarie di fronte all’ultima allerta meteo. Segno che i soldi da soli non bastano, bisogna anche saperli impiegare bene. Per questo ci vuole ben altro che un “commissario” con pieni poteri: pianificazione, competenza, valutazione di soluzioni alternative, corretta informazione e partecipazione alle decisioni, analisi dei costi e benefici di ogni intervento.
Tutte parole che la Giunta Fedriga non è capace di pronunciare!
MARCO LEPRE
(in copertina un flash-mob sul torrente But, dove esiste uno sbarramento per convogliare tutta la portata ad una centrale idroelettrica che, sottolinea Lepre, «non è stato curiosamente eliminato dagli interventi effettuati in alveo dalla Protezione Civile Regionale»)