Maxi sequestro di opere d’arte operato dai Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Udine
I Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale di Udine, nei mesi scorsi, hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo per ricettazione e riciclaggio di opere d’arte emesso dal G.I.P. del Tribunale di Brescia a carico di due indagati della provincia. Le operazioni hanno riguardato 284 reperti per un totale di 578 oggetti d’arte, di cui 26 provento di vari furti avvenuti nel corso degli anni, nonché 5 opere d’arte moderna di famosi maestri, risultate contraffatte. Il sequestro preventivo è stato attuato sulla base del presupposto della sproporzione del valore economico che rivestono in relazione alle possibilità economiche degli indagati, per un valore stimato di circa 1 milione e 600 mila Euro.
Nel 2020 i militari del Nucleo TPC di Udine hanno individuato sul web un dipinto olio su rame risalente al XVII secolo, raffigurante Santa Caterina da Siena, messo in vendita da un utente privato residente in un paese della bresciana. L’immagine è stata messa subito a confronto con quelle disponibili all’interno della “Banca Dati dei Beni Culturali Illecitamente Sottratti”, in uso esclusivo al Comando TPC, restituendo un risultato positivo nella stessa figura, per dimensioni e tema, del dipinto Santa Caterina da Siena rubata nel 2009 in provincia di Perugia presso l’abitazione di un antiquario. I necessari approfondimenti hanno, tuttavia, consentito di scoprire che il “ramino” messo in vendita sul web presentava caratteristiche difformi da quello rubato ma successive expertise hanno permesso di scorgere le modifiche fatte allo scopo di rendere difficoltoso il riconoscimento dell’opera originale, andando così ad integrare anche il reato di riciclaggio di opere d’arte.
La perquisizione eseguita successivamente presso un 40enne bresciano ha fatto scoprire un’abitazione di modeste dimensioni, ma ricchissima di opere d’arte collocate all’interno della stessa e nelle pertinenze. Nonostante il bene ricercato non fosse presente, poiché già venduto, la presenza di un così gran numero di beni d’arte ha destato non pochi sospetti, motivo per il quale sono iniziati gli accertamenti sui dipinti appesi alle pareti, apparsi di notevole valore e bellezza. La casa, che era dei genitori, era infatti colma di opere d’arte che il padre aveva accumulato nel corso degli anni, in quanto si era occupato di commercio nel settore dell’antiquariato per tutta una vita.
La ricerca del “ramino” terminava con l’esecuzione di un decreto di perquisizione e sequestro presso l’abitazione di un cittadino modenese, non indagato, il quale è risultato essere l’acquirente in buona fede del ritratto di Santa Caterina da Siena. Tutte le altre opere, tra cui dipinti che si trovavano presso l’abitazione del 40enne, di proprietà del padre commerciante della provincia di Brescia, sono state controllate nel data base TPC allo scopo di indagare a fondo sulla possibilità che vi fossero altri oggetti provento di furto.
Tra quei dipinti, 23 sono risultati essere stati rubati tra il 1971 e il 2009 ai danni di soggetti privati ove figurano residenze nobiliari, abitazioni private e anche una fondazione di una banca del milanese. Il lavoro successivo si è basato sul riconoscimento delle opere da parte di coloro che hanno subito i furti nel corso degli anni, ovvero dai rispettivi eredi. Al riconoscimento è conseguito, quindi, una restituzione formale delle singole opere ai rispettivi aventi diritto.
Rimaneva un aspetto importate sul quale sviluppare l’attività investigativa, anche in ragione della nuova normativa a tutela dei beni culturali e della lecita circolazione delle opere d’arte. I due indagati, padre e figlio, che sono risultati essere in possesso di decine di opere d’arte senza disporre di alcun documento che ne stabilisse la lecita provenienza e tracciabilità, avevano un tenore di vita e una fonte di reddito non compatibile con il possesso di così tanti beni di valore. È la nuova frontiera dei casi particolari di confisca previsti dal codice penale la quale prevede che, anche i reati commessi in danno di beni culturali come la ricettazione, il riciclaggio e l’impiego di beni provenienti da delitto in attività economiche, rientrino tra quelle fattispecie di reato per le quali procedere alla confisca per “sproporzione”; quando, per tenore di vita, impossibilità di dimostrarne la lecita provenienza e per le fonti economiche di sostentamento, non è giustificabile il loro possesso in capo all’indagato. A maggior ragione, se tra i beni ve ne sono di evidente provenienza illecita (ben 23). Tra questi bisogna considerare anche i 5 dipinti di arte contemporanea che sono stati dichiarati contraffatti da parte delle fondazioni preposte a tutela del nome dell’artista, tra i quali figurano un Michele Cascella, due Mario Sironi – di cui uno del valore, se fosse autentico, tra i 400 e i 700.000€ – e un Renato Guttuso. In questi casi, invece, la destinazione delle opere false sarà la distruzione, secondo quanto previsto dalla normativa consolidata.
Sulla scorta di quanto è emerso nel corso delle indagini, alle quali si sono aggiunte le verifiche patrimoniali e fonti di reddito di tutta la famiglia che hanno portato a confermare il quadro indiziario, la Procura della Repubblica di Brescia ha chiesto e ottenuto dal GIP del Tribunale l’emissione di un decreto di sequestro preventivo volto alla confisca per sproporzione nei confronti di tutti i beni presenti in abitazione e nelle pertinenze. In sede di esecuzione del decreto, sono stati complessivamente sequestrati 127 dipinti di arte antica e moderna, 15 cornici lavorate di pregio, 4 candelabri, specchiere lavorate, 8 orologi antichi, 3 acquasantiere, 19 statue di marmo, 16 sculture di diverso materiale e altri oggetti tra cui stemmi araldici, vasellame e componenti di pregio per arredamento i quali, opportunamente imballati e catalogati, sono stati fatti confluire presso un luogo appositamente preposto alla loro custodia. Gli accertamenti sui nuovi beni sequestrati permettevano di rintracciare 3 beni d’arte – due dipinti e un mobile d’epoca – rubati in abitazioni private nel Veneto e nel Piemonte tra il 1991 e il 2000. Le operazioni, meticolosamente svolte in presenza di un restauratore professionista, sono state accompagnate dall’expertise di un antiquario nominato ausiliario di polizia giudiziaria che ne ha indicato il valore economico in vista delle successive fasi processuali che ne seguiranno stabilendo una cifra complessiva di oltre 1.600.000 euro.
Le responsabilità degli indagati, che chiaramente dovranno essere accertate in sede di processo, si basano, appunto, nel semplice possesso di beni di ingente valore dei quali non sono stati in grado di dimostrarne la lecita provenienza.