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Paularo, sfregiata la targa di Malga Meledis che ricorda la strage del 1944

E’ stata sfregiata la targa che a Malga Meledis, in comune di Paularo, ricorda i sei trucidati, due in Lanza e quattro a Malga Cordin, da parte dei tedeschi nella Seconda Guerra Mondiale. Una mano ignota ha tracciato una linea sulla parola “tedesca” scrivendo in calce “partigiana”. In sostanza, per l’autore del gesto, sarebbero stati i partigiani a compiere la strage.

“Ancora una volta, ancora una volta – tuona Boris Maieron, giovane presidente della Sezione Anpi Val But, intitolata a Aulo Magrini, uno degli eroi della Resistenza -. Si continua a denigrare con atti di vilipendio intollerabile il movimento partigiano senza alcuna cognizione storica. Da tempo è stato chiarito con assoluta nitidezza la responsabilità delle stragi nazifasciste della Valle del But del luglio del 1944. Ancora una volta si usa l’oltraggio morale per mistificare la ricostruzione storica ed il movimento partigiano. Non ci faremo certo intimidire – conclude Maieron -, sapremo come rispondere civilmente e politicamente”.

Gli stessi concetti vengono espressi da Fabio Troiero, presidente della Sezione di Tolmezzo dell’Anpi: “Approssimandosi il settantasettesimo anniversario della Liberazione del 25 aprile, una volta ancora appare necessario ribadire quel che ha rappresentato per l’Italia l’attività resistenziale – afferma Troiero -. L’ennesimo sfregio da parte di ignoranti alla targa di Malga Meledis infanga il sacrificio di coloro che, mettendo in pericolo la propria vita, presero le armi per difendere l’Italia dall’invasione nazi-fascista e porre così le basi per la nascita della Repubblica. Questo è quello che la storia ci ha consegnato, anche al netto di possibili ingiustizie perpetrate da partigiani singoli, e sottolineo singoli, in tempo di guerra. Nello specifico, la ricerca storica ha già accertato ampiamente come i terribili e delittuosi fatti avvenuti in Carnia, a cavallo del confine austriaco nell’estate del 1944, siano da imputarsi unicamente a controbande di tedeschi e repubblichini a regia nazista travestite da partigiani garibaldini: un vero e proprio reparto organizzato e collaudato che con lo strumento del terrore preventivo ha giustiziato senza pietà decine di civili carnici inermi, tra i quali diverse donne e bambini”, conclude Troiero.

Sul tema riportiamo, infine, le considerazioni di Pierpaolo Lupieri, vicepresidente Anpi Tolmezzo: “Ancora una esempio, un se vogliano seppur banale sfregio ad una targa, riporta in realtà alla luce un odioso sentimento, così poi non poco diffuso di presunte responsabilità partigiane nelle stragi del luglio del 1944 lungo la Valle del But. L’effige di Malga Meledis riguarda i primi sei trucidati, due in Lanza ed i quattro in malga Cordin. Cercare di spiegare a chi ha ritenuto fossero vittima di violenza partigiana, mentre in realtà erano i primi assassinati di una lunga striscia di morti (52 in tutto) forse è tempo perso. Con l’esclusione di quelli delle malghe (Promosio soprattutto), la maggior parte delle esecuzioni brutali, sommarie o deportazioni avvenne per mano di un reparto delle Waffen SS, e dai fascisti della Rsi il 22 luglio nei paesi a valle, da Paluzza ad Arta Terme, utilizzando proprio le informazioni della controbanda che si era mossa in montagna nei giorni precedenti. Dunque non si capirebbe il ruolo svolto da presunti partigiani mascherati alcuni giorni prima e poi completato da truppe in divisa nelle giornate successive. Certo che la Valle del But veniva colpita per la sua strenua resistenza all’invasore, concretizzasi anche, una settimana prima, nell’attacco a colonna tedesca al Ponte di Priola, nel quale perse la vita il dottor Aulo Magrini insieme a due suoi commilitoni. Ma basta ciò per giustificare la furia nazifascista? Ovunque in tutta Europa, le rappresaglie si muovevano in una logica di puro terrorismo senza, spesso, alcun collegamento, a precise azioni partigiane e con un criterio fuori da ogni ragione di quantità e proporzionalità, come a Marzabotto o Sant’Anna di Stazzema per citare le più eclatanti in Italia. In altre parti andò anche peggio, a Praga per l’uccisione di uno dei principali collaboratori di Hitler, plenipotenziario di Boemia e Moravia, Reinhard Heydrich, l’inventore, alla conferenza di Wannsee nel gennaio 1942, della gassificazione di milioni di persone nei campi di sterminio, i tedeschi in poco di due mesi trucidarono e torturarono migliaia di innocenti, donne e bambini compresi, non uno o dieci ma migliaia. Due interi paesi, Lezaky e Lidice, avendo saputo che potevano avere connessioni, per altro false, con gli attentatori, furono sterminati. A Lidice in particolare fucilati subito i 192 uomini, furono deportate le donne ed i bambini sotto i 16 anni (88) ad Auschwitz. Diciassette solo tornarono, salvati perché ritenuti idonei alla cosiddetta “germanizzazione” da Eichmann in persona. Potrei seguire all’infinito fino alle stragi di Lione perpetrate dal boia Klaus Barbie, anche se temo non basterebbe a quell’ignota mano blasfema che ha sfregiato la targa di malga di Meledis. La Resistenza al Nazifascismo fu un fenomeno europeo dalle proporzioni immense in cui decine di migliaia di persone persero la vita per ridare dignita, speranza e libertà ai propri paesi. Non basta un ignoto e clandestino malfattore per sporcarne ricordo e rimembranza”.