Presentato a New York il libro di Paola Treppo dedicato alla zia Irene, emigrata in America
In occasione dell’Anno delle radici italiane nel mondo, l’Eraple (Ente regionale Acli per i problemi dei lavoratori emigrati) ha presentato all’Istituto Italiano di Cultura di New York “L’America di Irene” (Chiandetti editore, 2024), della giornalista friulana Paola Treppo.
Dopo i saluti e l’introduzione di Massimo Sarti, vicedirettore dell’IIC, ha preso la parola il reporter friulano Marco Macorigh, che dopo la presentazione di Treppo, ha aperto il collegamento in videoconferenza con Tarcento e dato la parola alla giornalista, iniziando un piacevole dialogo sulla genesi del libro e della storia. Al susseguirsi di domande e risposte giunte anche dall’attento pubblico in sala, Sarti ha voluto leggere un capitolo, significativo del libro. Nel volume, Treppo ricostruisce la vita della zia Irene emigrata in America. Un libro simbolo, emblematico, che rappresenta la vita vissuta da molte famiglie italiane. Al termine della serata a tutti i presenti è stato fatto dono di una copia del libro autografata dalla giornalista.
La storia vera di Irene Vittoria Monsutti è rivelatoria e preziosa in una società dove c’è sempre meno tempo per l’ascolto e per la trasmissione della memoria, anche quella familiare, della tradizione della generazione che ci hanno preceduto. Tra gioie e affanni, è una storia nelle quale si possono riconoscere, ritrovare e “ricostruire” la maggior parte dei friulani e degli italiani, non solo gli emigranti ma anche chi, in questa terra, scelse di rimanere, nonostante la miseria e le tante difficoltà, facendo del suo meglio, aiutato da chi aveva fatto la valigia e non era più tornato: come Irene, dall’America. Speranze, sogni, voglia di riscatto, desiderio di uscire per sempre da uno status economico impossibile, da una condizione sociale marginale, da uno scenario culturale ancora arretrato, hanno portato tanti friulani, tanti Italiani, a “tentare la fortuna”, a mettere a dimora un nuovo albero in un lembo di terra che non era stata promessa da nessuno. Lontano. Per tutti loro le radici restarono in Friuli, in Italia, là dove erano venuti al mondo: uno spazio mentale, reale e di affetti che custodiranno sempre gelosamente, che trasmetteranno col cuore ai loro figli, trasformando la Piccola Patria, l’Italia, il loro paese, in luogo mitico, all’origine di tutto.
“È lì che ha cominciato a battere il cuore – spiega l’autrice -: anche quello di zia Irene, la mia esuberante zia di Tarcento, la zia d’America. A lei e ai suoi sogni di una vita migliore, e a tutti i friulani, a tutti gli italiani, che se ne sono andati con il pensiero di ritornare, prima o poi, è dedicato questo libro. E a tutti coloro che stanno ancora cercando le loro radici”.
Nel libro anche il saluto del vicegovernatore e assessore regionale alla cultura del Friuli Venezia Giulia, Mario Anzil: “Ricostruire le proprie radici significa ricostruire la storia di una comunità. Questo libro ci parla del miraggio e di una moderna conquista dell’America, dove oggi vivono centinaia di migliaia di discendenti di uomini e donne originari del Friuli. Ci parla del profondissimo amore che lega ogni cittadino di questa regione ai suoi paesi natii. Un viaggio affascinante, alla scoperta della nostra storia, attraverso la vita di una donna di frontiera, in una terra che ha fatto dei confini una delle sue più grandi ricchezze”.
Irene Vittoria Monsutti era nata a Tarcento il primo settembre 1922, da una famiglia di contadini di Collerumiz. Agente immobiliare, legatissima alla madre Domenica e alla sorella Felicita, aveva sempre pensato in grande. Quando conobbe Roy Evert Stephens, durante i festeggiamenti di Santa Caterina, a Udine, se ne innamorò perdutamente. Da quel momento i due non si lasceranno più e trascorreranno il resto della vita insieme, attraverso un fantastico e incredibile viaggio che toccherà l’Italia meridionale, le coste del Mediterraneo e gli immensi spazi degli States. Di quel loro spostarsi, vivere, assaporare e desiderare, raccontano le lettere dall’America, gli scatti dall’America, gli auguri e le telefonate dagli States. Irene conobbe Roy nei primi anni ’50 del secolo scorso. Lui, un militare, operava nella nascente base Usaf di Aviano, muovendosi tra Livorno e Martina Franca. I due partiranno alla volta del Texas dopo essersi sposati a Tarcento, il 21 dicembre del 1957. Irene non tornerà più nella sua casa di Collerumiz, ma resterà costantemente in contatto con l’amata sorella, che è la nonna materna dell’autrice. È stata lei, nonna Regina Felicita, a conservare, per mezzo secolo, le cartoline, le lettere, le fotografie che Irene spediva dei luoghi in cui si trovava con il marito americano; fu una corrispondenza serrata, costante e appassionata. L’ultima lettera è del 2 novembre 1974. Irene morirà a 54 anni, il 17 dicembre 1976, di malattia, al General Hospital di Wichita Falls, in Texas, dove gestiva un motel per viaggiatori. Pochi mesi prima il suo Friuli era stato devastato da un terremoto che lo cambierà per sempre. Roy le sopravviverà, così come l’amata sorella Regina Felicita, compagna paziente e amica fedele in questi lunghi anni lontano dalla sua Tarcento, dal paesino natio di Collerumiz, in viaggio tra Europa, Africa e America, con la sua terra sempre nel cuore.
Paola Treppo ha ricostruito pazientemente la storia della zia, ricomponendo il materiale documentale in 20 anni di ricerca: ricostruendo il viaggio della zia in America, l’autrice ha restituito un pezzo di storia alla sua famiglia e ha illuminato una parte importante del suo passato, non senza dolore, non senza commozione. Un viaggio affascinante ma anche duro, complesso e a tratti contraddittorio, nelle terre degli emigranti: un percorso che è diventato un viaggio interiore capace di illuminare una parte buia e prima sconosciuta della sua famiglia. Un libro che diventa patrimonio collettivo, scritto con il cuore, nato con la volontà di restituire la storia a chi aveva perso la voce, nel tentativo di colmare un vuoto, quello dell’assenza, della lontananza, spesso del tenuto nascosto e non espresso, in una società complessa, che oggi stentiamo ancora a comprendere.