Riforma sanitaria Fvg, per i sindacati troppi i punti ancora al palo
Un incontro urgente – anticipato da una lettera indirizzata alla presidente della Regione Debora Serracchiani e all’assessore alla Salute Maria Sandra Telesca – per chiarire lo stato dell’arte di una riforma, quella sanitaria, con troppi punti ancora al palo.
Cgil, Cisl e Uil regionali non nascondono la loro preoccupazione rispetto ad una riforma che stenta a decollare e soprattutto ad essere percepita dai cittadini in termini positivi.
Diversi i punti critici individuati e sui quali i Sindacati vanno in pressing, a partire dallo sviluppo del territorio, fulcro della riforma, e che oggi risulta sacrificato, a danno anche del sistema ospedaliero. “Se – commentano per Cgil, Cisl, Uil Fvg, Orietta Olivo, Luciano Bordin e Magda Gruarin – l’obiettivo della riforma è quello di garantire la continuità della cura, non possiamo certamente permetterci buchi nell’assistenza: per questo occorre rafforzare il ruolo del territorio, facendo anche chiarezza sull’assetto dei distretti e degli ambiti, alla luce della riforma delle Uti”. In altri termini, quello che serve è potenziare i distretti, dotandoli di autonomia di programmazione e gestione e di budget dedicati, leve indispensabili per garantire soprattutto l’assistenza domiciliare, la continuità assistenziale e le cronicità, sgravando così gli ospedali.
Riflettori puntati anche sui medici di medicina generale e su quelle aggregazioni che avrebbero dovuto consentire orari ambulatoriali più ampi, e che oggi sono una realtà a macchia di leopardo, e sui cosiddetti Cap, che, invece di offrire servizi aggiuntivi, si limitano a replicare quelli già previsti dai Distretti. “A suo tempo – spiegano ancora i referenti di Cgil, Cisl, Uil Fvg – abbiamo salutato positivamente l’elemento innovativo rappresentato dai Cap. Registriamo, però, che ad oggi questo nuovo servizio è partito solo sulla carta, nonostante diversi centri siano stati inaugurati. Il risultato? Che il cittadino continua a rivolgersi altrove e, magari, saturando i Pronto Soccorso, dove, peraltro, i tempi d’attesa continuano a restare troppo lunghi”.
Restano, inoltre, intatte le preoccupazioni legate, da una parte, al personale, con la cronica carenza di organici e la necessità di incrementare la formazione degli oss, e, dall’altra, alle liste di attesa, con Cgil, Cisl e Uil che spingono per intervenire anche sulle attività intramoenia e sui compensi di risultato dei Direttori Generali per “ottenere un risultato positivo e fare in modo che nella competizione tra pubblico e privato, il primo non ne esca sempre come parte soccombente”.
“E’ chiaro – sintetizzano Olivo, Bordin e Gruarin – che molto c’è ancora da fare perché questa riforma possa avere gambe: il che significa intervenire sulle carenze tuttora esistenti del sistema sanitario, ma anche mettere mano al quadro sociale, del tutto assente, incominciando con il prevedere un’organizzazione stabile e definitiva dei Punti Unici di Accesso per l’integrazione socio-sanitaria, assicurando la chiusura entro il 2017 della riclassificazione di tutte le case di riposo e consolidando il nuovo sistema di autorizzazione ed accreditamento nei primi mesi del prossimo anno.
Temo che chi ha plauso a questa riforma regionale della sanità, compresi i sindacati, non abbia ancora compreso i suoi limiti. Eppure la realtà è sotto gli occhi di tutti. Medici di base senza supporto di un ospedale o laboratorio analisi non possono fare nulla e gioco forza devono inviare al pronto soccorso, a cui allora uno, senza perder tempo, si reca accompagnato, o se sta male chiama ammesso che il 112 non impieghi una vita per mandare un’ ambulanza e si diano le risposte giuste al tabulato anche se moribondi. E sono preferibili le guardie mediche ai medici cap che stanno fermi e ti devi spostare tu. Bisogna scendere dai paradisi Ncd – Pd e prendere atto di un fallimento che era già scritto in quel maledetto testo della legge vago, possibilista, che stravolgeva l’intero assetto della sanità. Toccare il sistema emergenza urgenza e togliere gli ospedali periferici per fare un grande polo centrista, ove qui verrà potenziato San Daniele, è stata una tragedia secondo me, e potrebbe mettere a rischio la vita. E poi dietro questa riforma del taglio e dello sbaraccamento come non capire ancora che ormai si punta tutto su Udine? Infine la visione del paziente che ha l’Assessore alla Salute, è quello di un perdigiorno e che fa perder tempo andando in pronto soccorso. Ma chi sarebbe così scemo?