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Stress da calore sul lavoro, un problema sempre più rilevante

Nel corso del recente convegno nazionale sulla sicurezza e salute in agricoltura svoltosi a Cividale, gli operatori del Dipartimento di Prevenzione di ASUFC hanno presentato i risultati di uno studio, effettuato la scorsa estate, sull’esposizione a calore dei lavoratori del comparto agricolo.

L’impatto del cambiamento climatico in FVG

Il cambiamento climatico e il relativo innalzamento delle temperature impattano sulla salute e sulla sicurezza del lavoro anche nella nostra regione. Un recente rapporto dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente conferma questa “evoluzione climatica”: il 2023 è stato il terzo anno più caldo mai registrato in Friuli Venezia Giulia e anche le proiezioni per il futuro prospettano un ulteriore riscaldamento che, in assenza di una riduzione delle emissioni di gas serra, rappresenterà un ulteriore fattore di rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in particolare per coloro che sono impegnati in attività all’aperto nei mesi più caldi dell’anno (agricoltori, operai addetti alla manutenzione del verde, operai edili, etc.).

Oltre alle note patologie indotte dal caldo quali crampi, sincope da calore, colpo di calore che può avere anche esiti fatali, recenti studi evidenziano una significativa associazione tra elevate temperature e aumento degli infortuni sul lavoro. L’esposizione al calore nei luoghi di lavoro causa inoltre una diminuzione della produttività, si stima infatti che nei paesi dell’Europa meridionale nel 2030 le ore di lavoro perse a causa dell’aumento della temperatura raddoppieranno rispetto al 1995.

Queste premesse impongono a tutti i soggetti coinvolti (lavoratori, datori di lavoro, associazioni di categoria, operatori della prevenzione, istituzioni) di confrontarsi con il rischio da stress termico e individuare strategie per una sua corretta ed efficace gestione.

Lo studio

Per studiare questo fenomeno e indicare azioni di prevenzione, durante i mesi di luglio e agosto il personale della Struttura Operativa di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro afferente al Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale (tecnici della prevenzione, medici del lavoro e assistenti sanitari) ha condotto una campagna di misurazioni sul campo per valutare il rischio stress termico da calore a cui sono esposti i cosiddetti “lavoratori outdoor”, somministrando questionari per verificare la percezione del rischio da parte dei lavoratori e valutare le misure di prevenzione aziendali e individuali messe in atto in presenza di elevate temperature.

Marco Fabozzi, tecnico della Prevenzione e incaricato di funzione dell’Area Sicurezza e Igiene del Lavoro di ASUFC e coordinatore dello studio, precisa che l’indagine aveva ad oggetto i lavoratori agricoli del territorio del Medio Friuli, impegnati nelle attività di coltivazione ortaggi e piante ornamentali, in pieno campo e all’interno di serre, e nelle attività di sfalcio di aree verdi.

Sono stati coinvolti una quarantina di lavoratori che hanno risposto a domande riguardanti le abitudini lavorative e hanno potuto testare alcuni indumenti refrigeranti.

I risultati

I dati rilevati dalle centraline microclimatiche ed elaborati secondo l’indice WBGT (wet bulb globo temperature, o globotermometro a bulbo umido), che combina la temperatura con l’umidità e la velocità dell’aria, hanno evidenziato come nella maggior parte delle misure effettuate sono stati superati i valori limite di riferimento che indicano una situazione di rischio per la salute dei lavoratori. Dalle informazioni raccolte attraverso i questionari è emerso che spesso l’acqua non viene messa a disposizione dal titolare e che circa il 30% degli intervistati beve acqua a temperatura ambiente; due terzi dei lavoratori beve durante il turno una quantità assolutamente insufficiente di acqua in relazione al lavoro svolto e alle temperature elevate.

Sono risultate scarse anche il numero di pause effettuate dai lavoratori, che vengono svolte per lo più in aree non ombreggiate. Anche la formazione in merito al rischio “stress termico” è risultata carente, con oltre il 60% degli intervistati che non sa quali sono i sintomi del colpo di calore né quali le azioni da mettere in atto per prestare i primi soccorsi.

Altra criticità osservata, descrive Carlo Bacchetti, tecnico della prevenzione e coordinatore del Gruppo regionale salute e sicurezza in agricoltura, è la scarsa attenzione per la protezione dalla radiazione solare, che è causa di tumori e invecchiamento precoce della pelle: il 57% dei lavoratori osservati non utilizzava creme solari di protezione né abiti coprenti.