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Tolmezzo, tanti spunti dal convegno sulla sanità promosso dalle forze di centrosinistra

Il convegno “Sanità? No sin ben”, promosso dalle forze del centrosinistra di Tolmezzo, si è svolto di fronte a una platea gremita, segno che la sensibilità al tema della salute pubblica è forte. “Un’iniziativa  voluta per mantenere alta l’attenzione su una situazione critica, dove le difficoltà della sanità pubblica regionale e locale sono sempre più evidenti, mentre le risposte strutturali sempre più carenti- spiegano i promotori –. Tanti sono  stati gli aspetti affrontati, accomunati da un fattore comune: molto si potrebbe migliorare, se vi fosse la  volontà politica di affrontare i problemi nella loro complessità”. 

Marco Craighero, consigliere comunale di Tolmezzo e responsabile montagna della Segreteria regionale del PD ha introdotto l’incontro partendo dal fatto che in FVG quasi un cittadino su dieci rinuncia alle cure, con una percentuale che raggiunge il 23% nella fascia over 65, circa 200.000 persone rimaste senza un medico di famiglia, di cui alcune migliaia in Carnia, e ha rimarcato che per una visita medica in una struttura pubblica si attende fino a 2 anni, mentre in una settimana, a pagamento, si può andare dal privato. Ha evidenziato come ormai sia un fatto che uguaglianza, equità, accesso universale non siano più principi pienamente garantiti, mentre la Regione ha aumentato il tetto di spesa sul privato:  “Assistiamo alla fuga sia di pazienti sia di professionisti, anche giovani – ha affermato Craighero -. È necessario rimettere al centro prossimità, accessibilità, competenze, ridando centralità e protagonismo alle comunità e a chi le  rappresenta, ascoltando i territori anziché martoriarli. Ricordo il caso emblematico della chiusura del servizio di chirurgia senologica, i cui interventi sono stati tolti dall’ospedale di Tolmezzo, amplificando disservizi e disagi alle persone, che si vedranno costrette a spostarsi per molti chilometri”. 

Mirco Dorigo, del Patto per L’Autonomia Carnia, ha osservato come “ci si trovi di fronte a un serpente che si morde la coda, dove il privato viene sempre più sovvenzionato dal pubblico, con sempre più risorse per  attrarre personale, dentro un sistema con un ricambio insufficiente. Lo stesso sistema in cui il pubblico ha  sempre meno personale per riuscire a garantire servizi adeguati, dovendo esternalizzare. Mi chiedo quale sarà, di questo passo, lo scotto da pagare per le giovani generazioni montane, se quello di far nascere l’ultimo bambino in Carnia, quando si arriverà alla chiusura del punto nascita, o se sarà quello di veder invecchiare i propri genitori con la certezza di meno prevenzione, meno monitoraggio e la necessità di accompagnarli altrove per ricevere cure basilari. Mi chiedo inoltre se sia questo il modo in cui viene ripagato il merito di aver scelto di rimanere a vivere in montagna, una situazione che lede la dignità delle persone creando cittadini di serie B e minando le basi di quell’accordo tra individui che è lo Stato, il quale dovrebbe garantire in primis salute e sicurezza”. 

Ira Conti, del Comitato Co.S.Mo., ha fatto pervenire il suo intervento, letto da Mario Di Gallo, dove ha richiamato l’art. 32 della Costituzione, il quale definisce il diritto dei cittadini alla salute fondamentale, ricordando che ogni persona deve essere presa in carico da un sistema sanitario con un approccio completo, dal medico curante al sistema territoriale, che deve fare anche da filtro al carico di lavoro di  ospedali e Pronto Soccorso. Conti ha inoltre ribadito come i cittadini vadano seguiti e sostenuti nella prevenzione, nella cura e nella riabilitazione, finanche nelle cure palliative di fine vita. Ha spronato i cittadini a organizzare incontri pubblici ovunque, anche nei bar o nelle piazze e ha affermato che se vogliamo parlare di razionalizzazioni, ciò non deve mai portare ad un aggravio finanziario o organizzativo per i cittadini, “mentre invece ogni giorno si perdono pezzi piccoli o grandi di sanità pubblica con sempre  maggiori dinamiche di accentramento, tagli e chiusure”. Conti ha espresso anche forte preoccupazione per la tenuta di un sistema sanitario “dove molti appassionati e capaci professionisti conservano la loro lettera di dimissioni in un cassetto per il peggioramento continuo della situazione. Vedo anche con orrore il rischio di giungere a una sanità dove il medico che valuta il paziente guadagni più o meno denaro a seconda della cura o dell’intervento che prescrive”. 

Guglielmo Pitzalis, già dirigente medico e attualmente medico della Società Italiana di Medicina delle  Migrazioni, ha aperto il proprio intervento con un commiato al compianto Giorgio Ferigo, per poi ricordare come la sanità pubblica debba essere un insieme di sforzi organizzati, attraverso percorsi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, in una ottica non solo medica ma anche sociale, per tutelare la salute della popolazione, in primis a favore dei più deboli e dei territori marginali. “In presenza di una situazione  demografica critica e di una crescente carenza di personale dipendente nel pubblico – ha affermato –, è necessario rilanciare una programmazione coraggiosa e partecipata che, considerando le specificità delle aree montane e pedemontane friulane, riempia di contenuti operativi e realistici, una rinnovata sanità territoriale che dovrebbe far capo alle Case di comunità. La riorganizzazione dell’offerta dei servizi sanitari deve partire da ambiti territoriali dove gli operatori socio-sanitari agiscano in un’ottica multi professionale e pluridisciplinare, unificando le funzioni elementari dei vari livelli di cura, assistenza sociale e servizi domiciliari”. Pitzalis ha aggiunto che “è necessario che tutti gli attori presenti sul territorio siano coinvolti: dai diversi professionisti sanitari e sociali, alle strutture e associazioni, costruendo spazi di accoglienza, informazione e incontro, condivisi con enti locali, parrocchie, farmacie e cooperative di servizi. È essenziale riconoscere il ruolo dell’ospedale di Tolmezzo come Ospedale di Rete a sostegno del territorio, nel quale vanno tutelati i posti letto per acuti, già sottoposti a troppi tagli, e  aumentati quelli per “post acuti”, per medicina interna e per riabilitazione, e anche nelle Residenze Sanitarie Assistenziali”. Pitzalis ha così concluso: “Va evitata la dispersione del patrimonio di eccellenze mediche, vanno consolidate competenze e tecnologie, con un occhio di riguardo alla Osservazione Breve Intensiva e sostenendo l’integrazione operativa delle Unità di Medicina semintensiva e d’urgenza”. 

Nicola Delli Quadri, già dirigente medico di lungo corso e attuale responsabile sanità regionale del PD, ha delineato uno scenario preoccupante, dovele impegnative per le visite non differibili rispettano i tempi solo nel 10-20% dei casi, così come accade anche per interventi con priorità di prima fascia, ad esempio per i casi di tumore alla prostata, rispettati in non più del 20% dei casi“. Delli Quadri ha affermato poi che “il centrodestra regionale ha bocciato la proposta dell’opposizione su un fondo che aumentasse lo stipendio di medici,  infermieri e OSS che restano nelle strutture pubbliche regionali per alcuni anni e che metta a disposizione  appartamenti per gli specializzandi, così da arginare la fuga del personale e incentivare gli arrivi. Servono azioni concrete per l’attivazione della cosiddetta “medicina di iniziativa”, ovvero le pratiche di gestione preventiva delle malattie croniche che ad esempio in Toscana ha permesso di  ridurre la mortalità legata al diabete del 10% e allo scompenso cardiaco del 10-12%”. Delli Quadri ha quindi ricordato che andrebbe implementata la diagnostica di primo livello negli ambulatori dei medici di medicina generale, investendo inoltre nella telemedicina, così come nella realizzazione dei CAU (Centri di  Assistenza Urgente) al fine di decongestionare i Pronto Soccorso e di gestire agilmente codici bianchi e verdi. Ha riportato il caso dell’Emilia Romagna, dove con l’attivazione dei CAU si sono ridotti gli accessi al Pronto Soccorso del 15,5% per i codici bianchi e del 9% per i codici verdi solo tra gennaio e maggio 2024. Delli Quadrai ha inoltre rimarcato come serva guardare a modelli che privilegino la domiciliarità e i servizi di prossimità, investendo al contempo nelle nuove tecnologie, e dove vengono rafforzati gli Ospedali di Rete, “che devono contenere tutte le strutture necessarie a dare le risposte adeguate alle persone“. Infine parlando del Piano della Rete Oncologica di prossima approvazione, ha detto che “è necessario invertire il paradigma: ragionare  non su strutture separate, dove alcune vengono chiuse, ma sulla logica di un unico dipartimento dove non sono le persone a doversi spostare ma i professionisti a muoversi andando incontro ai territori”.  

Orietta Olivo, già infermiera e attuale Segretaria generale della Funzione Pubblica CGIL FVG, ha iniziato il suo intervento ricordando come il periodo pandemico avesse reso evidente il valore del personale sanitario, “ma che ora si è già tornati a una condizione dove non vengono fatti i dovuti investimenti“. La sindacalista ha inquadrato la situazione del personale, presentando dati ufficiali che denunciano un preoccupante sovraccarico di lavoro, cronico e diffuso, con turni massacranti e un’intensità difficilmente sostenibile, con richiesta di prestazioni aggiuntive extra-orario per coprire le lacune organizzative sistemiche, portando così anche a un incremento di infortuni e malattie e a una fuga verso il privato, per le migliori condizioni di lavoro ed economiche, il tutto aggravato da un ricambio generazionale lento e insufficiente. Le ore di  straordinario del personale regionale sono passate dalle 400.000 del 2014 a 1.089.000 del 2023, così come le giornate di ferie non godute da 300.000 a 410.000 e sono stati necessari oltre 27.000 richiami in  servizio nel solo 2023. È urgente ricercare infermieri e medici attraverso concorsi pubblici organizzati con frequenza regolare, creando graduatorie stabili e rendendo più attrattiv  la professione sanitaria con interventi sulle condizioni lavorative e riconoscimenti economici adeguati, migliorando anche l’organizzazione del lavoro, concedendo i part-time richiesti che ora spesso vengono rifiutati. Inoltre va riconcepito il sistema di aggiornamento e potenziamento del personale che opera sul territorio, investendo sulla medicina territoriale e sui servizi domiciliari, anche spostando sul territorio professionisti di lungo corso, che possono essere anche di supporto ai neo-assunti, i quali devono avere la  possibilità di conciliare tempi di vita e di lavoro”. Olivo ha rimarcato anche l’opportunità di prevedere incentivi per l’alloggio dei nuovi assunti e borse di studio aggiuntive per gli studenti che rimangono in Regione. Infine ha ricordato come serva investire nella formazione, in particolare degli OSS, che è tutta regionale, modernizzando l’offerta formativa per attrarre più giovani.  

Marco Pischiutti, OSS di CSM, ha approfondito i temi della salute mentale, evidenziando come “negli ultimi anni ci sia stato un drammatico crollo degli utenti trattati, passando dai 173 ogni 100.000 abitanti del 2018  ai 111 del 2022, a cui fa da contraltare un aumento della casistica di questo tipo tra gli accessi in Pronto Soccorso, da 7,4 ogni 1000 abitanti nel 2016 a 8,1 nel 2023. È aumentato il ricorso ai TSO da 0,3 ogni 100.000 abitanti del 2017 all’oltre 1 del 2022, senza peraltro considerare i ricoveri in  TSO diretti presso i CSM. C’è stata una progressiva disapplicazione del Piano Regionale per la salute mentale, che era stato approvato dalla Conferenza Stato–Regioni, e che non è  stato sostituito da alcun altro documento, quindi con una carenza di programmazione che si riflette sulla quotidianità dei servizi e una riduzione del personale ancora più drammatica degli altri settori della sanità.  Negli ultimi anni, a livello regionale, l’operatività dei CSM è stata ridotta, a partire dalla contrazione degli  orari di apertura del servizio, con 12 ore quando va bene: ad esempio il CSM di Codroipo è ridotto a 8 ore e con casi come quello del CSM di Tarcento, il cui territorio sta venendo smembrato tra Cividale e Gemona. In sostanza una riduzione dei servizi che porta a un abbandono di una parte fragile della popolazione, con difficoltà di accesso e aumento dei ricoveri e degli stessi TSO“. Pischiutti ha rimarcato la necessità del mantenimento diffuso del sistema 24 ore, della costituzione del Tavolo Regionale sulla Salute Mentale con associazioni di settore ed amministratori locali per aggiornare il Piano Regionale per la Salute Mentale, della previsione di un piano aggiornato di formazione professionale del personale e della ridefinizione di un modello regionale di intervento per la salute mentale di adolescenti e giovani. Ha infine sottolineato come tutto il sistema richieda un approccio che associ, accanto alla dimensione clinico-terapeutica, il perseguimento della funzione sociale dei CSM con interventi finalizzati all’inclusione e al coinvolgimento della comunità.  

Il consigliere regionale Massimo Mentil ha affermato come sia evidente “la situazione di criticità del sistema salute, nonostante le ingenti risorse di cui la Regione dispone, ma che vengono allocate senza strategia, quando invece servirebbero risposte concrete, soprattutto per chi ha scelto di rimanere a vivere in montagna, dove il problema si sta abbattendo con ancora maggiore forza”. Il già sindaco di Paluzza ha rilanciato una sua  precedente proposta, ovvero quella di avviare un Progetto pilota per la montagna che preveda incentivi per chi sceglie di operare nel territorio montano e una sinergia tra ospedale e sanità territoriale, dove considerare come un’opportunità la “ricollocazione” di medici che dopo un’esperienza nelle strutture ospedaliere possano svolgere il ruolo di medico di vallata. Mentil ha ricordato anche un emendamento da lui portato in Consiglio regionale per garantire la presenza adeguata di automediche in Alto Friuli, bocciato dalla maggioranza. Ha inoltre evidenziato il fatto che ci siano “solo 2 cardiologi su circa 5/600 casi di criticità cardiologica in Carnia mentre a Udine ci siano 40 cardiologi, con un’evidente sproporzione territoriale“. Si è  poi soffermato sull’ospedale di Tolmezzo, affermando che questo “andrebbe valorizzato, non indebolito,  mentre nel tempo si sono invece operate delle scelte che lo hanno depotenziato, come ad esempio la  cessazione del servizio ambulatoriale di pneumologia, prima attivo in convenzione con l’ospedale di Trieste, le chiusure della dermatologia e della chirurgia cardiovascolare, la riduzione dei posti letto in medicina, la riduzione della palliazione territoriale, la cessazione dell’attività di impianto dei pacemaker e da ultimo la cessazione degli interventi di chirurgia senologica, scelta comunicata ai sindaci a cose già fatte e presa per  di più prima della presentazione del Piano oncologico regionale”.  

A termine delle relazioni in programma è intervenuto anche un altro consigliere regionale Furio Honsell (Open Sinistra Fvg), il quale ha detto che “la situazione del personale della sanità è talmente caotica che quando si chiede alla Regione dei dati ufficiali, questi non vengono concessi, perché anche la Regione stessa non li conosce esattamente“. Honsell ha rimarcato la necessità di partire dall’ascolto diretto di chi in sanità ci lavora per migliorare la situazione, sostenendo che “la politica regionale dovrebbe in primis dialogare i professionisti del settore che hanno idee e considerazioni fondamentali per invertire la tendenza del quadro della sanità pubblica locale“. Ha poi denunciato come sia difficile sollevare voci critiche, “poiché chi protesta riceve provvedimenti disciplinari”. Ha inoltre ricordato come “la Regione, di fronte a una disponibilità di risorse economiche così importanti, non abbia fatto i giusti investimenti ma si sia limitata a elargire contributi elettoralistici”. 

Infine, prima della conclusione, è intervenuta Laura Matelda Puppini, del blog Non Solo Carnia, che ha riportato come “in Carnia non vi sia un numero congruo di mezzi per l’emergenza-urgenza nella fascia notturna, con difficoltà nel coprire i trasferimenti di persone, e come manchi totalmente un servizio adeguato di guardia medica, fondamentale per sopperire alle giornate e orari in cui non sono in servizio i medici di base. Come può una guardia medica coprire un territorio ampio come quello da Paularo ad Ampezzo, come accaduto? I medici di base sono collocati per lo più nelle zone basse più popolate, mentre manca un’adeguata copertura delle zone alte, come ad esempio nel caso dei paesi dell’alta Val Degano e alta Val But, coperti da un solo medico jolly”. Puppini ha ragionato sul  fatto che “il risultato finale di questa politica sarà poi che le zone della Carnia più turistiche si troveranno  d’estate scoperte con la conseguenza di aumento di accessi al pronto soccorso di difficile gestione”.  

A margine dell’evento i promotori hanno espresso soddisfazione per come la conferenza sia stata un’occasione di incontro positiva, poiché da un lato si è posta l’obiettivo di denunciare l’incuria ed il pressappochismo in cui versa la sanità regionale, fornendo molti dati ufficiali, dall’altro è stata anche un’occasione propositiva, riportando idee ed esempi di migliorie concrete e applicabili attualmente”.