Ucciso dai tralicci della media tensione il grifone simbolo della Riserva regionale di Cornino
Uno splendido esemplare di grifone adulto, “F17”, un simbolo della Riserva naturale regionale del lago di Cornino – monitorato e studiato dagli esperti da una quindicina d’anni -, è morto, molto probabilmente domenica 14 marzo, per essersi posato sul traliccio della media tensione. A segnalare il fatto è stata, lunedì 15, una residente di Sompcornino, Virginia Marcuzzi, che ha individuato la carcassa negli spazi verdi attigui al suo cortile. A nulla è valso l’immediato intervento della squadra di recupero della Riserva, che dall’anello di riconoscimento – dove F sta per Forgaria – ha identificato la creatura.
«Molto probabilmente il maltempo e le forti raffiche di vento che hanno contraddistinto la mattinata di domenica scorsa hanno indotto l’animale a posarsi proprio sul traliccio della media tensione, provocandone la morte per elettrocuzione», spiega il direttore scientifico della Riserva e del Progetto Grifone, professor Fulvio Genero, confermando che si trattava di un magnifico esemplare di Gyps fulvus, avvoltoio grifone appunto, mitico uccello mangiatore di carcasse, oggetto di un piano di reintroduzione in natura tra i più importanti a livello europeo. «Purtroppo – aggiunge Genero – questo decesso incrementa i dati della “strage” che i tralicci provocano fra gli avvoltoi e tutta l’avifauna di grossa taglia. Si tratta della principale causa di morte, insieme all’avvelenamento da piombo legato al consumo di resti di origine venatoria».
“F17” accompagnava l’attività di ricerca degli ornitologi del Progetto Grifone da moltissimo tempo. Sicuramente nato sulle pareti rocciose della Riserva, poi soccorso in una situazione di pericolo nel 2006, ha volato incontrastato nei cieli per ben 15 anni, «prima che a spezzare il filo della sua vita – accusano dalla Riserva naturale – ci pensasse uno dei più grandi nemici degli uccelli di tutto il mondo: il cavo della media tensione».
«La principale sfida, nelle problematiche di conservazione delle specie – osserva Luca Sicuro, presidente di Pavees, la società cooperativa che da quasi 10 anni gestisce la Riserva -, è senza dubbio la ricerca di un equilibrio tra lo sviluppo antropico e il rispetto degli spazi della biodiversità. Molto è stato fatto, in particolar modo in Europa Occidentale, ma la strada è ancora lunga, e a dimostrarcelo è questo triste evento. Sono ormai una decina gli esemplari morti per lo stesso motivo. La nostra Riserva – spiega poi – è lambita dalle spire di una serie di moduli di trasporto della corrente elettrica fortemente invasivi rispetto all’equilibrio naturale di questo fragile ecosistema. Non è ovviamente ipotizzabile la rimozione di una così preziosa infrastruttura: basterebbe seguire l’esempio di altri Paesi europei, quali Croazia, Spagna e Bulgaria, che hanno ovviato al problema con semplici ed economiche installazioni di dispositivi di isolamento parziale, condizione sufficiente per lenire in maniera drastica eventuali danni di impatto. Non possiamo che appellarci ai gestori del servizio e alle istituzioni per contrastare un problema la cui gravità, soprattutto se commisurata alla semplicità delle soluzioni, non può più essere ignorata. A rendere ancora più dolorosa questa vicenda – conclude – è il periodo in cui ci troviamo: è arrivata infatti al culmine la stagione di nidificazione di questa rarissima specie, tornata in regione dopo secoli di assenza. E’ probabile, se non certo, che F17 avesse un uovo da covare al quale non farà più ritorno».
Anche l’amministrazione comunale, che da decenni investe nel Progetto Grifone, esprime preoccupazione per la minaccia in essere. «In passato – dichiara il sindaco Marco Chiapolino – incidenti di questo tipo avevano già causato la morte di alcuni esemplari: all’epoca avevamo sollevato il problema con l’ente gestore delle linee elettriche, avanzando la richiesta di mettere in sicurezza la zona. Nei prossimi giorni convocheremo i tecnici responsabili per individuare con precisione le tratte che andrebbero isolate, al fine di accelerare i tempi di un intervento risolutivo».