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Domiciliarità comunitaria per non autosufficienti in Fvg

“Possiamo reagire in due modi all’andamento demografico che segna il futuro della nostra regione nella risposta ai bisogni di salute: subirlo – come si è fatto per troppi anni malgrado le norme approvate dal Consiglio regionale – oppure creare le condizioni per mitigarlo e affrontarlo con strumenti adeguati. Vogliamo scegliere questa seconda via progettando un’importante innovazione dei servizi sociosanitari la cui portata è stata oggi accolta e sottoscritta dal Consiglio autonomie locali che ha espresso unanimemente parere positivo alla delibera di Giunta che ne presentava il disegno. Mi auguro che questa responsabilità prosegua anche in manovre che dovranno adeguare l’impianto complessivo dell’offerta sociosanitaria”.

Lo ha detto l’assessore regionale alla Salute, politiche sociali e disabilità Riccardo Riccardi commentando la presentazione della delibera numero 1016/2024 “LR 10/1997, art. 13, comma 5, “Sperimentazioni di domiciliarità comunitaria. Approvazione preliminare” che fa proseguire il percorso attuativo del progetto sperimentale denominato “Domiciliarità comunitaria”.

Secondo l’assessore Riccardi “i numeri ci obbligano a una riflessione approfondita perché se oggi (dati gennaio 2023) i 65enni residenti in Friuli Venezia Giulia sono 321.370, ovvero il 26,9% della popolazione, nel 2030 saranno 348.710, ovvero poco meno del 30% dei residenti. I dati Istat ci dicono che oggi 91.269 anziani hanno gravi difficoltà nelle attività funzionali di base e, di questi, oltre 67mila hanno gravi difficoltà nel camminare, salire o scendere le scale senza l’aiuto di una persona o il ricorso ad ausili. Infine – ha precisato l’assessore – circa 13.498 persone sono affette da demenze senili o Alzheimer. Le proiezioni statistiche prevedono che nel breve orizzonte (2030) le persone affette da demenze aumenteranno a oltre 14mila persone in un panorama di centomila anziani con difficoltà funzionali dei quali 72.880 con gravi difficoltà nella mobilità personale”.

“C’è solo un modo per affrontare un panorama di questo genere – ha sottolineato ancora l’esponente della Giunta – ed è quello di potenziare il sistema delle cure territoriali e di prossimità coinvolgendo le realtà del Terzo Settore attive sul territorio”. In questo disegno si inserisce il progetto della Domiciliarità comunitaria che prevede l’incremento dell’assistenza sociosanitaria domiciliare con l’obiettivo di prevenire l’istituzionalizzazione (ovvero il ricovero nelle strutture protette) e l’ampliamento della personalizzazione e continuità della presa in carico a domicilio. Ma nel progetto presentato dall’assessore un capitolo particolare riguarda anche il sostegno ai caregiver, la promozione del volontariato e della solidarietà comunitaria.

“La sfida più grande che ci presenta questa evoluzione – ha continuato l’assessore Riccardi – è quella della ricostruzione della socialità. Non si tratta solo di cure: è in gioco il nostro destino come comunità, riconosciuta e riconoscibile. Questa regione ha saputo riemergere da disastri materiali di proporzioni catastrofiche. Oggi il nostro impegno improcrastinabile è quello di ricostruire i legami sociali, la solidarietà, la centralità e il ruolo della famiglia: lo possiamo fare proprio intervenendo sul più grave problema che abbiamo davanti, quello che ci impone la devoluzione demografica della popolazione”.

Il modello presentato oggi al Cal ripercorre quanto delineato dalle “Linee di indirizzo per la realizzazione di sperimentazioni di domiciliarità comunitaria” approvato dalla Giunta regionale nel 2021 e che prevede un modello di risposta ai bisogni delle persone fragili e affette da demenza improntato sulla personalizzazione delle cure supportate anche dalla domotica.

Il progetto prevede che siano attuate modalità di co-progettazione e co-programmazione da parte dei soggetti coinvolti dall’azione anche con il ricorso al budget di salute per l’assistenza degli anziani non autosufficienti a domicilio. Ciò significa che le risorse dei Lea (Livelli essenziali assistenza) devono essere garantite ai cittadini a prescindere dal luogo nel quale la cura viene prestata. Questo sostiene la libertà di scelta della persona che può, quindi, decidere di essere assistita nel proprio ambiente familiare. La sperimentazione è già stata avviata sul territorio di Sacile, Udine e Trieste coinvolgendo la Aziende sanitarie, i Servizi sociali dei Comuni, gli enti del Terzo Settore e le Associazioni dei familiari di persone affette da demenza.

“Come dichiarato dal decreto ministeriale 77 e ribadito dal Pnrr – ha concluso l’assessore Riccardi – la casa deve essere il primo luogo di cura. È fra le mura domestiche che una persona preserva la sua umanità e ritrova la forza e la solidarietà nella famiglia e nelle relazioni comunitarie. Capire questo significa posizionare un tassello significativo per la tenuta del welfare futuro. Ben sapendo che queste manovre non potranno escludere anche l’adeguamento dell’organizzazione ospedaliera”. ARC/LIS/pph